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Era meglio non farlo il mondiale di calcio, se non altro per non ascoltare Infantino

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
20 Novembre 2022
in L'editoriale
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Mai ci fosse qualche povero ignorante la cui famiglia ha lavorato tanto da non aver tempo di mandare il figlio a scuola, tremila anni fa non esisteva l’Europa come concetto politico.  Al limite bisogna riportarci all’ epoca classica della Grecia dove era chiamata “Europa” una regione pianeggiante dell’Egeo settentrionale, in contrapposizione al montuoso Peloponneso. Il termine venne esteso ad indicare una terra a nord del Mediterraneo, della quale non si conoscevano i confini settentrionali ma solo il limite orientale, ovvero il corso del Tanai, l’attuale fiume Don. Indi per cui di quello che facevano le popolazioni che l’abitavano si sapeva poco o niente.

Solo nel Trecento avanti cristo, duemila e trecentoventi anni fa nel caso, Filippo il macedone padre di Alessandro, si definì primo re d’Europa. Secondo Strabone l’Europa ha come confini il Danubio, l’Adriatico e il Mar nero. Tito Livio racconta che Filippo “era stato preso dalla smania di salire fino alla vetta del monte Emo, credendo alla comune diceria che da essa il panorama si slargasse dal Ponto all’Adriatico, dal Danubio alle Alpi”. E il compiacente Teopompo scrive che “Filippo deve regnare su tutta Europa”, e quindi una Grecia allargata. Ma per tutta l’epoca Romana, nessuno si occupa più di Europa, o di Europei, i romani sono solo romani, ed i popoli che non sono romani o greci sono barbari, vivessero in Bretagna od in Africa. Per cui se qualcuno volesse mai accusare l’Europa di qualche misfatto, bisogna aspettare il tempo in cui la Chiesa di Roma si rivolse ai sovrani cristiani per la difesa di quelli che riteneva i suoi domini, cioè verso la fine dell’anno mille, per l’esattezza mille e novantanove. Se volessimo intendere quindi le crociate come un crimine europeo, bene, dobbiamo risalire al massimo a meno di mille anni fa. Sotto uno stretto profilo politico è molto difficile pensare ad un’Europa comune fino a quando dopo la seconda guerra mondiale, le potenze occidentali convergono su questa opzione risolvendo un conflitto secolare che principalmente riguardava, Francia, Inghilterra e Russia, essendo la Germania complessivamente una nazione di nuovo conio nata poco prima dell’Italia. La Spagna invece dopo il regno di Filippo secondo, che si rivelò un fallimento completo, limitò di molto le sue attività.

Complessivamente se qualcuno volesse accusare l’Europa di qualcosa, per fare un’affermazione sensata, dovrebbe limitarsi agli ultimi settant’anni, che sono però stati complessivamente un periodo di prosperità e di pace, in cui una associazione come la Fifa calcio ha potuto aumentare il suo peso, se non altro perché le guerre che hanno seguito la sua fondazione ai primi del ‘900, ne avevano di molto contenuto l’influenza. La fortuna di associazioni come la Fifa, che grazie all’Unione europea in particolare, sono poi diventate tanto potenti da interrompere i campionati di calcio e decidere di fare un mondiale a mezza stagione in Qatar o dove gli pare, è che non si debbono occupare di politica, ma solo di promuovere lo sport. È successo che fecero un mondiale nell’Argentina del generale Videla, dove si torturavano e si fucilavano i membri dell’opposizione, ma nessun governo democratico nazionale vi si oppose, una manifestazione calcistica è pur sempre una manifestazione calcistica. Non fosse che poi ci si chiese se ne valesse la pena, tanto che una stella come Joan Cruijff rifiutò di parteciparvi. Anche oggi c’è chi si interroga sulla scelta del Qatar. Il solo fatto che sia stato scelto il Quatar, piuttosto che l’Uganda, dimostra, che tutto si tratta fuorché di una qualche possibile discriminazione. Discriminati tutti sono gli sportivi che devono sorbirsi un concione inutile come quello del presidente della Fifa Infantino che si è ascoltato in occasione di un mondiale che già dovrebbe far pentire coloro che l’hanno deciso.

Foto MabelAmber

Tags: InfantinoQatar
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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