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Giocare con il fuoco

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
30 Novembre 2024
in L'editoriale
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L’uomo in rivolta di Camus, un saggio del 1951, alludeva ad una rivolta artistica contrapposta a quella storica che, a suo dire, aveva generato il totalitarismo. Camus non distingueva il fascismo dal comunismo e ricordava il sindacalista rivoluzionario Georges Sorel come punto di contatto fra Lenin e Mussolini, nel 1905 due socialisti. La portata del libro di Camus fu tale da trovarsi contro Sartre e tutti gli stalinisti. In genere quando si parla di “rivolta sociale”, o di insurrezione popolare, si intende un concetto completamente opposto a quello di Camus.

La rivolta sociale alla fine del settecento venne applicata contro un sistema assolutista regio, la Francia ereditata da Luigi XIV, che non intendeva rinunciare alle sue prerogative. Rousseau aveva parlato di “contratto sociale”, convinto che la sovranità si sarebbe accorta razionalmente della necessità di farsi plurale per potersi conservare. Robespierre, allievo di Rousseau, era contrario alla rivolta sociale, predicava quella morale. Il movimento giacobino, tanto discreditato, era di origine parlamentare, convinto di imporre al re la legge di un’assemblea nazionale. La Rivoluzione francese, fosse stato per il giacobinismo, si sarebbe dovuta concludere con la carta dei diritti dell’uomo. Fu il tentativo di disperdere l’Assemblea nazionale a sciabolate a cambiare il percorso rivoluzionario e ad imporre la violenza. L’insurrezione popolare fu necessaria per abbattere l’Ancien règime. Gli storici hanno discusso poi a lungo se comunque quello sarebbe caduto comunque su se stesso una volta aperto il percorso. Di sicuro l’estremismo di piazza, accelerò il processo.

I giacobini si accorsero presto che il metodo terrorista poteva essere a sua volta impiegato contro il sistema democratico borghese che avevano creato loro stessi. L’epurazione della Convenzione nazionale del 1793 dimostra come se non la democrazia, il parlamento rimarrà centrale nella Francia rivoluzionaria, la Costituzione può essere sospesa. Mentre il 18 Brumaio, sei anni dopo, afferma che solo l’impiego della forza può consentire la tutela dei valori repubblicani da un’assemblea ed un governo rappresentativo disposti a svenderli. Da qui la crisi del giacobinismo e la sua deriva extraparlamentare. Il bolscevismo due secoli dopo esalterà questo aspetto, dove la violenza serve solo a conquistare il potere, come questo poi verrà usato, non importa. Il russo Lenin sostiene che qualunque dittatura sarebbe stata in sé più democratica di un governo capitalista. La tedesca Rosa Luxembourg che anche era comunista come Lenin, rimase scandalizzata. All’italiano Mussolini invece la tesi leninista piacque moltissimo. L’idea della rivolta sociale cambia bersaglio, nel suo mirino non c’è più la monarchia conservatrice, c’è la democrazia liberale. Inizia l’imprevedibile, la rivoluzione fascista.

Nei primi anni del ‘900 il metodo rivoluzionario ha dunque ribaltato il suo oggetto. Il parlamento finisce sotto schiaffo fino e viene soppresso, sia in Russia, che in Italia, che in Germania. Non sempre si comprende perfettamente la traiettoria insurrezionale. Gli stessi che ne sono protagonisti. oscillano incredibilmente. Italo Balbo, triumviro nel ’22, vorrebbe reinstaurare le libere elezioni nel ’36. Angelo Tasca, socialista nel 1910, fondatore del partito comunista italiano nel 1921, espulso nel1930 per le critiche rivolte allo stalinismo, riparato in Francia diviene collaborazionista del governo di Vichy. Una volta finita la guerra lo si vuole fucilare e si scopre che ha aiutato la resistenza.

Anche ai nostri giorni una qualche discrezione, quando si parla di rivolta, sarebbe importante per valutarne i possibili sgradevoli effetti. Concesso che il governo Meloni persegua una svolta autoritaria, voler per questo rivoltare il paese come un calzino, non garantirebbe una deriva priva di rischi. Sorel era convinto che i lavoratori si dovessero governare da soli, pensiero che condusse dritto, in forme diverse, ai soviet e alle corporazioni, comunque al necessario superamento dei sindacati allora esistenti, Questo succede quando un calzino viene rivoltato, nemmeno il piede del sindacato può essere sicuro di riuscire a infilarlo una seconda volta..

licenza pixabay

Tags: Camusrivolta
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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