Tralasciamo il fatto che chi mai avesse ascoltato la trasmissione Passato e presente di ieri su Rai Tre, potrebbe anche pensare ad una continuità tra il colonialismo francese in Indocina e la presenza americana in Vietnam. In verità non è stato fornito un solo elemento da parte di storici ed intrattenitori del programma in grado di ritenere incompatibili le due epopee, e pure nell’opinione pubblica c’è chi sostiene ancora che la presenza americana fosse di tipo coloniale, ma pazienza. Veniamo invece alla narrazione della puntata, ovvero l’incidente del Tonchino, agosto 1964. In pratica la marina americana non sapeva distinguere i pesci volanti dalle motosiluranti e la Casa Bianca non era in grado di capire cosa caspita succedesse. Come si sa notoriamente, gli americani sono dei fessi. Oppure sono dei fessi coloro che danno importanza all’incidente del Tonchino, semplicemente un pretesto per aumentare l’impegno bellico. La sera stessa della puntata di Passato e presente, Federico Rampini spiegava l’isolazionismo americano che derivava dai padri pellegrini fuggiti dall’Europa pronti a giurare di non voler mai più rapporti con il loro continente di provenienza. Figurarsi cosa bisognava inventare per spingersi nuovamente in Asia dopo Iwo Jima. Mai l’amministrazione Kennedy, quella Jhonson ne completa pedissequamente il programma, avesse detto, dobbiamo impegnarci in Vietnam per fermare il comunismo, finirebbe come quella Biden che vuole armare l’Ucraina un altro anno. L’America aveva bisogno di raccontare di essere stata attaccata come a Pearl Arbor per smuovere la sua opinione pubblica, dovrebbe essere ovvio anche ad un bambino.
L’unico aspetto positivo della trasmissione di rai tre è stato che si comprende pure nonostante il focus su un episodio insignificante, una trama di pressioni favorevoli all’intervento americano, anche se il principale Stato che le svolge non viene mai citato, la Tailandia. Non sappiamo se Kennedy pensasse davvero di salvare il Vietnam del sud e ci sarebbe da dubitarne. Sappiamo dagli accordi di pace di Parigi che Nixon non ci pensava proprio. L’obiettivo raggiunto era la salvaguardia della Tailandia e quindi impedire l’accesso all’Oceano indiano delle potenze comuniste di cui il Vietnam era solo l’avanguardia combattente nel sud est asiatico. Anche l’ascoltatore più sprovveduto se ne sarà accorto quando si è necessariamente parlato del dialogo americano con la Cina, che muta interamente le prospettive del conflitto. Sarà la Cina ad invadere il Vietnam, non l’America che aveva difeso il Vietnam del Sud e si era ritirata dopo aver piegato Hanoi agli accordi di pace.
Una trasmissione della Rai su cosa è stata davvero la guerra del Vietnam non sarà mai fatta. Il migliore intellettuale che hanno in Rai negli anni ’60 del secolo scorso militava in Potere operaio. È quasi un miracolo che riconosca all’America una qualche prerogativa democratica. Piuttosto resta da capire il perché di una simile puntata scandita dall’interrogativo continuamente ripetuto da Paolo Mieli, “perché non si ritirarono prima”? Un interrogativo che non ha nessun senso storico, in quanto gli americani si ritirarono quando misero in sicurezza il resto della penisola indocinese, lasciando il comunismo a misurarsi nella repressione in Cambogia e Vietnam. Birmania e Tailandia erano sicure. L’Oceano Indiano salvaguardato. Piuttosto la domanda di Mieli sembrava attuale per la guerra in Ucraina, perché l’America e l’Occidente non mollano la presa? Cosa ci importa se Putin si riprende quello che è pur sempre appartenuto alla Russa per più di due secoli. Questo è quello che ha fatto pensare la trasmissione l’invito a farsi i fatti propri. L’America è pur sempre al sicuro dietro le coste atlantiche e pacifiche e se i russi si prendessero l’Europa, a Rai Tre perchè mai dispiacersene? Se era per loro i russi si erano già presi l’intera Indocina e adesso facevano il bagno nel Gange.
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