La piazza europeista di sabato scorso a Roma, era torreggiata da un pupazzo caricaturale del presidente americano Trump che ingoiava dollari, mai ci fosse un dubbio che se si manifesta appassionatamente in tre anni di guerra russa in Ucraina, il bersaglio è il presidente degli Stati Uniti. Prima che ci si dica esattamente cosa proponesse la manifestazione di sabato scorso, con buona pace degli organizzatori e dei partecipanti, resta difficile capirlo, le forze americane nel mar Rosso hanno già bombardato gli huti, con 47 missioni aeree. Da un anno la milizia scita finanziata e organizzata da Teheran colpisce il traffico marittimo del Golfo. Non solo le navi israeliane, ma tutte quelle occidentali che passano e probabilmente anche le altre. Chi è che si è assunto la responsabilità di agire in questi frangenti contro un’organizzazione fondamentalista che attacca obiettivi mercantili civili indiscriminatamente? I sauditi che si affacciano sul Giolfo? La Francia di Macron che ha una base della legione a Gibuti? L’Egitto che vive grazie al canale di Suez? Certo che no, ci deve pensare l’America di Trump che pure potrebbe tranquillamente circumnavigare il Capo.
Perché l’America si espone direttamente nel Golfo? C’è una missione militare a guida italiana che potrebbe assumersi questa responsabilità dal momento che sono gli stati europei partecipanti i più interessati. Ovvio che lo sbocco nel mare Mediterraneo attraverso il canale dii Suez è di competenza del nostro continente, l’America ci si aspettava che invadesse Panama, il Canada, la Groenlandia. Invece non solo protegge le nostre navi, cosa che la marina europea non è in grado di fare, ma si espone alle ritorsioni dei briganti yemeniti. Gli huti hanno sparato i loro missili contro la portaerei Truman, tanti auguri.
L’America ha messo nel mirino il braccio armato dell’Iran, l’alleato di Putin nell’area. Quelli che straparlano di spartizione del mondo fra Trump, Putin e Xi, dovrebbero dirci dove pensano di collocare l’Iran. L’Iran fa scardinare ogni possibile intesa fra potenze o presunte tali. Il motivo è l’attività bellica ideologica degli ayatollah che se si accoppia perfettamente con gli interessi della Russia, entra in conflitto frontale con l’America. I russi sono avvisati. Gli americani stanno facendo una trattativa di pace con il Cremlino, molto complessa per la verità, ma la fanno con il randello in mano, una portaerei nucleare, in linea d’aria, più vicina a Sebastopoli, che a Norfolk.
Il politologo statunitense Jan Bremmer che è un esperto delle relazioni russo americane, intervistato oggi dal Corriere della Sera, sostiene di non sapere cosa Trump sia disposto a concedere a Putin, ma che in ogni caso il Cremlino non può chiedere molto. Ha già chiesto ed ottenuto di aver riconquistato il Kursk sotto schiaffo da agosto. L’unica vittoria militare che Putin può vantare è quella sul suo territorio, dopo che Zelensky ha litigato con la Casa Bianca. Non ha più la Siria, Putin e l’America gli minaccia l’Iran e anche la Corea del Nord se ci si occupasse della redistribuzione delle truppe americane nel Pacifico. Per carità, la geopolitica la facciamo in salotto. In Italia direttori di quotidiani tutti i giorni in televisione a spiegare come va il mondo, a domanda, non conoscono i confini dell’Ucraina. Figurarsi se conoscono l’entità delle forze americane nelle Filippine. Trump potrebbe regalargliela interamente l’Ucraina a Putin, tanto lo blocca la Turchia nei Dardanelli. Senza la Siria, la Russia è meno di una potenza regionale, Come la controllerebbe l’Ucraina Putin? Oramai i giovani studiano l’inglese e bruciano i libri degli autori russi. E invece l’America di Trump sta li a cercare garanzie per l’Ucraina, quelle che dovrebbe darle l’Europa che va a passeggio in piazza. Non contro Putin, sia chiaro, contro Trump.
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