I ministri Nordio e Piantedosi spediti alle Camere, sembravano i paracadutisti coloniali del romanzo di Larteguy “I Centurioni”, impegnati in una missione dove non avrebbero trovato né onore, né gloria, né, soprattutto, la riconoscenza del loro paese. Così come il governo francese in Algeria, il governo italiano ha dato l’idea, sull’affare Almasri, di non comprendere appieno in cosa si trovasse coinvolto. Il ministro Guardasigilli ha sollevato una questione formale, tale per la quale il pronunciamento della Corte Penale dell’Aia sarebbe nulla. Da qui la decisione di non intervenire direttamente, rimettendosi di fatto alla valutazione del ministro dell’Interno, che pure ha riconosciuto la pericolosità del personaggio. Con lo scudo levato del rispetto della legge italiana, i due centurioni nemmeno hanno badato alle proteste sollevate dall’Aula. Lo stesso facevano i parà coloniali sotto le bombe dello Fln. Tutti loro si sentivano la coscienza a posto. Restava solo da spiegare a questi ultimi, come mantenere un’Algeria francese, mentre ai primi, il perché dell’adesione ad una Corte Penale dell’Aja.
Ammessi gli errori compiuti della Corte, tali per i quali il ministro Guardasigilli si sente impedito di soddisfare l’ordinanza ricevuta, non è un passacarte, è vero, è un centurione, il ministro degli Interni, una volta appurata la pericolosità di Almasri, avrebbe comunque potuto decidere di mantenere in stato di arresto il torturatore libico. Per lo meno fino a che non si fosse risolta la fondamentale obiezione sollevata dal ministro Guardasigilli. L’Italia poteva anche contestare le indicazioni della Corte, non ignorarle completamente, come ha invece scelto di fare, aprendo un contenzioso con l’autorità della Corte stessa. Tanto valeva disconoscere la Corte dell’Aja solennemente così come i parà coloniali si sarebbero cimentati nel colpo di Stato. Un qualche atteggiamento conseguente, insomma andrebbe preso. Soprattutto dopo le parole pronunciate dal terzo ministro, quello non presente in Aula e che pure svolge un qualche ruolo, il ministro degli Esteri Taiani, convitato di pietra.
Il signor Ministro degli Esteri, prima ancora che si evolvesse questa scabrosa vicenda, si era sentito in dovere di dichiarare che nel caso Netanyahu fosse venuto in Italia, non sarebbe stato arrestato come pure richiedeva la Corte. Questo suo era un pronunciamento politico, non giuridico. Perché se mai Netanyahu fosse arrivato in Italia, prima lo si doveva arrestare eccome e poi al limite discutere il provvedimento con l’Aia. Se poi si voleva evitare l’imbarazzo che ne sarebbe scaturito, la Farnesina poteva avvisare il primo ministro israeliano che non era il caso di viaggiare in Italia, infatti Netanyahu va in America, dove la Corte dell’Aja non è riconosciuta. Invece Almasri era in Italia eccome e persino allo stadio.
Quale sarebbe la credibilità e la dignità di un governo, che pur riconoscendo la sua appartenenza ad organismi internazionali, ne disattende le indicazioni e non contento, fa pure la predica? Dignità e credibilità sono completamente mancate dalle parole dei ministri competenti, tanto che le opposizioni hanno chiesto la presenza e l’interlocuzione del presidente del Consiglio. Nessuno l’ha visto. L’onorevole Meloni ritiene evidentemente di non doversi sporcare le mani e lo si capisce. Si tratta del sangue versato da un criminale rimpatriato in fretta e furia tra gli schiamazzi della sua tribù felice di irridere il governo italiano. Forse il governo si illude, sull’onda dei sondaggi, di aver chiuso la questione con disinvoltura e menefreghismo. Si accorgerà presto che siamo appena agli inizi.
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