Mazzini riparato in Svizzera dopo la caduta della Repubblica romana per prima cosa riprese le pubblicazioni de il Popolo d’Italia. Doveva rispondere alle accuse mossegli dal ministro francese Alexis de Tocqueville che lo aveva definito un “giacobino” e questo non con l’intenzione di fargli un complimento. Il “giacobino” di Tocqueville, equivale al “neonazista” di Putin. Per cui Mazzini, compresa l’antifona, ci tenne a ricordare che il governo romano era stato indicato dal popolo in una libera elezione. Quanto agli stranieri giunti a Roma con funzioni militari, Tocqueville lamentava anche questo esattamente come Putin rimprovera inglesi e americani di aver fomentato le velleità di Zelensky, Mazzini rispondeva che si, erano arrivati 1500 stranieri a difendere la Repubblica, lombardi, sardi, toscani e veneti. Escluso il buon Aguilar, il luogotenente di Garibaldi che veniva dall’America latina, più stranieri erano i connazionali del ministro Tocqueville contro cui i romani si erano battuti due mesi, forti in tutto di 14 mila uomini. Questi due mesi di resistenza alla Francia, di cui Mazzini manteneva l’orgoglio, gli assicurarono una gloria viva in tutta Europa. Sul visconte di Tocqueville rimarrà la vergogna di venir cacciato a breve dal suo ministero per le sciocchezze dette e quelle più gravi fatte, a detrimento dell’onore francese.
Vale la pena di chiedersi allora cosa si sia invece assicurato Zelensky che da due anni resiste alla Russia e ancora intende resistere. Vero è che Zelensky, rispetto a Mazzini, ha avuto un sostegno internazionale di una qualche entità più rilevante, comunque insufficiente per misurarsi tutto questo arco di tempo contro un esercito ben superiore a quello francese dell’epopea mazziniana. Una differenza fondamentale fra l’Ucraina di oggi e la Roma del 1849 è che il governo romano poteva arrendersi quando voleva. I francesi non lanciarono “un’operazione speciale”. Nella più grande confusione di intenti pretendevano di sapere se il popolo sostenesse la repubblica e che non gli fosse stata imposta la dipartita del papa. Se si vuole trovare un difetto nel governo romano, quello fu di considerare una simile pretesa, non richiesta e non gradita, inaccettabile. Ottenuta la resa, la Francia non fece atto alcuno di ostilità nei confronti della popolazione e nemmeno furono perseguiti i rivoluzionari, lo stesso Mazzini circolava liberamente per Roma. L’armata francese si preoccupò che i repubblicani romani andassero a combattere gli austriaci o facessero cosa meglio preferissero, fino a quando non venne ripristinato il governo del papa. Fu quello a prendere provvedimenti repressivi e comunque quantitativamente limitati, dato l’esodo imponente e le morti avvenute in battaglia, Nel caso invece in cui crollasse il fronte dell’esercito ucraino, come crollarono le difese di Roma, difficile immaginare che i russi si comporterebbero come la truppa di Oudinot entrata in Roma, che sostanzialmente rimosse i tricolori residui appesi alle finestre sulle strade. Da qui la domanda di cosa ne sarebbe dei combattenti e del governo ucraino, dei neonazisti insomma, che pure sono di numero superiore ai 14 mila volontari romani. Fuggirebbero in Polonia? Negozierebbero un’amnistia, si denuncerebbero fra loro, come nella Cecoslovacchia del 1969, o piuttosto deciderebbero necessariamente di dover resistere nelle città, perché sicuri di non aver via di fuga alcuna né loro, né i loro concittadini bombardati nel tinello di casa da più di due anni?
Più che alla Roma svuotata del luglio 1849, ci troveremmo nella Madrid e nella Barcellona barricate del 1937. Quello che si sta consumando a Gaza e che è già avvenuto a Grozny si ripeterebbe anche a Kyiv, ad Odessa, magari a Leopoli. Ovvero l’estrema resistenza di un popolo combattente, perché questo è stata l’Ucraina in questi anni, esattamente come è stata la Repubblica spagnola e. solo parzialmente e per poco tempo, disgraziatamente, quella romana.
Soprattutto bisognerebbe chiedersi cosa farebbe davanti ad un simile scenario la Nato che intende dare cento miliardi di fondi per rafforzare l’Ucraina. Resterebbe a guardare consumarsi un massacro, dicendo abbiamo scherzato? E cosa farebbero i polacchi, i lettoni, i finlandesi i paesi europei considerando tutte le promesse di sostegno all’Ucraina? Vogliamo provare a chiedere al papa di rimettersi al buon cuore di Putin? L’impressione è che ancora non si sia percepita la dimensione esatta della guerra in corso e dei suoi inevitabili sviluppi perché magari non si capisce la differenza tra la Francia del 1849, che in parlamento aveva gli amici di Mazzini e la Russia di oggi che nei gulag ha gli oppositori. I russi assomigliano più ai falangisti spagnoli, i neonazisti sono loro, non gli ucraini che difendono la loro terra. In generale, tutta questa vicenda nelle capitali europee è stata presa un po’ alla leggera quasi si trattasse di discutere di pandemia nei talk show. Non possiamo farcene una colpa. Di geopolitica si occupano gli Orsini, i Caracciolo, nel caso migliore, allo Iai. Poi viene il momento di pensare cosa significa e cosa comporta politicamente uno Stato che nega il diritto all’autodeterminazione di un altro e questo non nella remota costa indocinese, ma qui, dove hanno prosperato le vecchie democrazie, accanto al mar mediterraneo
Paragonare Zalenski a Mazzini e un’ eresia, Mazzini parlava con la sua testa, qualcono dice e fa quello che altri gli dicono……