La costituzione repubblicana del 5 luglio del 1849 non esprime un monito morale per le generazioni future come comunemente si crede. Essa fu invece un atto politico concreto rivolto alla Francia di Luigi Bonaparte per dimostrare le buone intenzioni della Rivoluzione romana. La Repubblica rassicurava il magistero morale della Chiesa e la garantiva, inclusa l’incolumità del Pontefice. Tanto sarebbe bastato al governo francese per interrompere le ostilità in corso e riconoscere l’esistenza della Repubblica. Quello che i costituenti non avevano considerato fu il tradimento militare non solo della mediazione diplomatica, ma anche delle volontà del presidente francese. Tocqueville, ministro degli Esteri in carica, e Oudinot, comandante della spedizione a Roma, decisero di ostacolare una soluzione pacifica per convinzioni personali. Ne avrebbero pagato la responsabilità, saranno pensionati entrambi da Luigi Bonaparte, ma intanto la Repubblica Romana era caduta.
Sotto un profilo dottrinale la Costituzione non assume grande rilievo, sostanzialmente ricalca la costituzione giacobina del 1793 e come quella non fu mai promulgata. Va comunque notato il ruolo subordinato della Chiesa rispetto alle prerogative dello Stato. Altresi, rispondendo al principio della “democrazia pura” mazziniana, non vi è nessuna separazione dei poteri. I magistrati sono nominati dai Consoli nel consiglio dei Ministri. C’è un solo potere riconosciuto, quello del popolo sovrano. Piuttosto la Repubblica presuppone un tempo di avvicendamento dei Consoli in soli tre anni. Il potere deve essere unitario ma con un limite di durata prestabilito, uno dei consoli viene sostituito, per sorteggio, già dopo un anno soltanto. Quello che preoccupa la Repubblica è la sedimentazione del potere non la sua unitarietà e questo è sicuramente l’aspetto teorico di maggior rilievo e pure scarsamente considerato della Costituzione. La separazione del potere è una preoccupazione della monarchia britannica all’indomani della caduta di Carlo I. Il tentativo di ripristinarla nell’Assemblea costituente del 1789 è miseramente fallito e con esse le prerogative della monarchia. La Costituzione romana non ha dubbi a riguardo. Si esprime come Mirabeau, il potere ha come sua principale fonte il popolo nel suo complesso. “Nelle cause criminale, al Popolo appartiene il giudizio del fatto”, articolo 53. Ai Tribunali spetta soltanto, “l’applicazione della Legge”.
Un amico repubblicano, Stefano Tomassini, suggeriva nella sua “Storia avventurosa della rivoluzione romana”, di ricordare il 4 luglio più del 9 febbraio. Il 4 luglio le truppe francesi piegarono le resistenze del Gianicolo ed entrarono in Roma. La migliore gioventù italiana cadde nella sua difesa o si disperdette a causa di quel tentativo. Della Repubblica rimase solo una carta, inutilizzabile, Mazzini costretto all’esilio. Fu questa disgrazia che aperse la strada all’unificazione monarchica e alle sue tragiche conseguenze del secolo successivo. Dalla consapevolezza di quella sconfitta passata, l’esigenza di una rivincita nel futuro. Ancora la Repubblica va riscattata.
CCO