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Il sostegno repubblicano all’Ucraina

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
28 Agosto 2024
in L'editoriale
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La mozione congressuale del 50esimo congresso del Pri, celebrato a Roma dal 6 all’8 maggio del 2022, cioè quasi tre mesi dopo l’aggressione russa all’Ucraina, si apriva fin dal secondo paragrafo con queste parole: ” Il 50esimo congresso è solidale con il popolo ucraino per la brutale aggressione subita e sostiene la difesa dell’integrità nazionale dell’Ucraina da parte delle democrazie occidentali con tutti i mezzi e le risorse necessarie a respingere l’invasore”. Al terzo paragrafo si leggeva, “Il 50esimo Congresso ritiene la minaccia rivolta ad una nazione sovrana e pacifica alle porte della comunità europea come una minaccia diretta all’Europa stessa, al suo sistema di vita e ai valori che essa ha rappresentato nella storia del secondo dopoguerra e dalla fine della Guerra fredda”. Il quarto paragrafo concludeva, “Di fronte a tale minaccia, il Partito repubblicano italiano ritiene che l’Unione Europea, l’Inghilterra, gli Stati Uniti d’America siano chiamati ad una prova di coesione politica, economica e strategica per impedire che una autocrazia possa a suo piacimento occupare militarmente i territori di altre nazioni democratiche”. La segreteria del partito, la direzione e ovviamente la voce repubblicana si sono fatte carico, in questi due anni, di osservare la mozione e di interpretarla. Se vi sono consiglieri nazionali o singoli iscritti che ritengono che ce ne sia in qualche modo distaccati, rispondiamo volentieri di ogni contestazione ci venga rivolta.

Causa il procedere della guerra da quella data ad oggi, vi possono essere state invece valutazioni sugli avvenimenti discordanti, fermo restando il presupposto politico della mozione, l’indipendenza dell’Ucraina, cui gli organismi, tutti, del partito sono chiamati a rispettare, dal momento che la mozione è stata una mozione unitaria. Nel 50 esimo Congresso non c’è stata una qualche minoranza che si è opposta all’articolato della mozione qui sopra riprodotto. Possono invece esserci dei dirigenti del partito che ritengono che la situazione si sia modificata, o semplicemente che erano convinti che in tre mesi i russi sarebbero stati a stappare bottiglie di vodka nel centro di Kyiv e quindi che la mozione sarebbe stata superata dal corso della guerra, tanto che non valesse la pena discuterne. Persino qualcuno che non era presente al momento del voto della mozione e che non sa ancora cosa abbia deliberato il partito. Non diamo limite alcuno alla provvidenza. Resta il fatto che a due anni da allora, sono gli ucraini ad aver contrattaccato in Russia, tanto che nello stesso governo italiano si sono alzate voci tali da equiparare l’invasione russa a quella ucraina. Gli ucraini nei primi giorni di questo agosto, infatti non si sono limitati a compiere un brillante blitz oltre le linee nemiche, come era capace il generale Stuart nel Potomac con la sua brigata a cavallo. Gli ucraini si sono insediati per più di mille chilometri quadrati nel Kursk, hanno fortificato le loro posizioni e stanno continuando ad avanzare a Belgorad, tanto che persino Putin ritiene che prima di ottobre non si riuscirà a cacciarli, sollevando con queste parole i malumori del Cremlino.

L’offensiva ucraina è iniziata ai primi di questo mese e le sue finalità si sono comprese dopo il 13 dello stesso. La segreteria nazionale del Pri ha monitorato la situazione, La voce repubblicana è rimasta appositamente aperta per seguirla direttamente. La Direzione invece non è stata riconvocata perché riunitasi alla fine di luglio aveva indetto il Consiglio nazionale per il prossimo 21 settembre. Fino a quella data i consiglieri sono chiamati a ricordare la validità della mozione sulla base della quale sono stati eletti. In consiglio nazionale potranno intervenire come ritengono e offrire le loro considerazioni. In questo intertempo sia la segreteria nazionale che la voce repubblicana hanno preso la stessa posizione della Commissione europea e del governo statunitense, i quali si sono espressi favorevolmente sul pieno diritto dell’Ucraina a combattere la Russia come meglio ritiene opportuno fare. Altresì la voce ha criticato con una certa durezza la posizione, per lo meno confusa, presa dal governo italiano che si è impegnato a sostenere l’Ucraina, ma non se combatte in Russia. Non abbiamo ricevuto alcun distinguo, alle posizioni espresse, dalla Direzione, più preoccupata semmai del referendum sull’autonomia, come testimonia la pubblicazione dell’articolo dell’amico Gambioli a fine di luglio e poi dell’amico Fusignani.

Se nel Consiglio nazionale emergessero opinioni diverse sulla guerra ignorate al Congresso, come è lecito, per la necessaria chiarezza dei lavori del Consiglio nazionale, la procedura obbligata richiede di formulare un documento esplicito che esprima chiaramente quale idea della politica internazionale si proponga al partito, evidenziando i punti di distanza, se ve ne sono, dalla mozione congressuale ancora vigente e sottoporre, se si ritiene opportuno politicamente, detto documento al voto del Consiglio stesso. Da qui vi saranno eventualmente tutte le possibili conseguenze statutarie. Potrebbe anche accadere, in linea teorica, che qualcuno possa essersi convinto che si si sia sbagliato tutto ed avesse ragione Putin. Prepari un documento. Fino ad allora la voce repubblicana manterrà intatto, come dovrebbe essere ovvio, l’indirizzo congressuale che contraddistingue la politica del Partito, cercando di interpretarlo al meglio delle sue possibilità.

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Tags: Congressoconsiglio
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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