La Fondazione De Gasperi e la Fondazione Craxi si sono date appuntamento alla Camera per discutere delle riforme costituzionali. Entrambe le due fondazioni ritengono necessario adeguare la costituzione repubblicana ai tempi nuovi e la proposta di premierato perfettamente compatibile con le necessità di stabilizzare il governo. Bettino Craxi chiedeva negli anni ’80 del secolo scorso un cambiamento della Repubblica molto profondo in senso presidenziale e lo stesso De Gasperi, va ricordato, nel 1953 propose un correttivo per consolidare la maggioranza che oggi si chiamerebbe una legge maggioritaria. All’epoca, venne denominata, semplicemente, “legge truffa”.
Gli esperti delle due Fondazioni hanno dunque ragioni lontane e ad onore del vero, la Costituzione stessa individua una procedura di modifica a cui essere sottoposta. Nulla vieterebbe di mettere in questione la prima parte fondamentale, e magari senza accorgersene, questo già è stato fatto, mentre invece, solo le Disposizioni Transitorie e Finali dovrebbero essere considerate inviolabili che pure sono state violate eccome e in piena consapevolezza. Nello stesso partito repubblicano che trova nella Costituzione un punto di riferimento indelebile, a parte la diversità di valutazioni interne alla Costituente, vi sono stati esponenti di prestigio come Randolfo Pacciardi che sostenevano il sistema presidenziale americano. Quale volesse Craxi, invece non era chiarissimo, come del resto non è propriamente chiaro che razza di sistema sarebbe il premierato.
Sin dall’età di Roma, la questione repubblicana presenta una delicata composizione istituzionale fra Senato e Consoli. Questi ultimi riassumendo in se i poteri esecutivi, incluso quelli militari, dopo la dittatura di Silla, si vollero eleggere nel numero di due, proprio per evitare l’accentramento in una sola persona. Nonostante la legge l’individualismo prevalse sempre al punto che Roma si ritrovò comunque nella guerra civile. La Francia rivoluzionaria ripercorse gli stessi passi della Roma antica, non volendo più un re, si instaurò una sovranità diffusa al limite dell’anarchia. Per conservare le aspirazioni della Repubblica si optò per un solo tutore dello Stato al punto da ripristinare i tratti della vecchia monarchia. L’Italia divenuta finalmente repubblicana ha mostrato in questi ultimi settant’anni passati, le medesime conflittualità e anche se meno drammaticamente, non si può mai sapere. Il sistema parlamentare è stato principalmente eretto in contrapposizione al precedente storico di un uomo solo al comando. Se poi si riescono a definire i sufficienti contropoteri, ecco che contieni la deriva dittatoriale. In America infatti i contro poteri sono fortissimi. La stampa con il Watergate fu in grado di far cadere un presidente che pure aveva vinto una guerra lunga dodici anni. La sconfitta politica di Nixon, divenne la vittoria di un Nord Vietnam spazzato via dal campo di battaglia.
L’Italia sinceramente non ha media così potenti, nemmeno la televisione, divisa per schieramenti è incapace di ottenere grandi risultati. In compenso la magistratura è davvero fortissima, tanto da arrivare ad arrestare un presidente di Regione in carica, evento che ancora non si era mai registrato. Vero che nel secolo scorso una procura riuscì persino a trascinare tutto un sistema politico alla gogna pubblica ma il triangolo istituzionale del paese fu salvaguardato. Il capo dello Stato, quello del governo, il presidente del Senato, pur avendo avuto un ruolo da protagonisti nella vita dei partiti sotto inchiesta, furono posti al di sopra di ogni sospetto. Il povero presidente Toti è invece subito caduto al di sotto. Da qui un dubbio anche sulle capacità stabilizzatrici del premierato. Mai il premier finisse sotto inchiesta e persino arrestato, nessuno lo ha previsto, la crisi istituzionale che si aprirebbe, state pure tranquilli, sarebbe la più grave di quelle conosciute della vita repubblicana e c’è poco di che scherzare..
cco