Il dato dell’astensione dal voto delle regionali di Lazio e Lombardia è tale che dovrebbe strozzare in gola il giubilo di chiunque se ne proclami vincitore. Soltanto il presidente Fontana ha mostrato preoccupazione per il fenomeno e questo dimostra una sensibilità politica che merita i consensi ricevuti, perché le due coalizioni vincenti nel Lazio e nella Lombardia hanno il 50 per cento del 40 per cento dell’elettorato. Ciò significa che basterebbe un soffio per mandarle all’aria. La loro fortuna è di avere avversari completamente privi di fiato
Sembrerebbe evidente che la maggioranza degli italiani si stia ancora interrogando su come schierarsi. Solo i cittadini romani hanno le idee chiare, non si vogliono schierare proprio. Hanno visto avvicendarsi negli anni alla Regione la sinistra e la destra e lo stesso è accaduto nella capitale, incluso l’intermezzo pentastellato. I risultati sono quelli di una città invivibile, una Regione assente e una classe politica che discute su cosa fare dei cinghiali che passeggiano per le strade mentre i gabbiani si abboffano sui cassonetti, i topi scorrazzano ovunque e in estate sono persino arrivati i calabroni asiatici, grossi come passeri. Tutto merito dei rifiuti. Facciamo il termovalorizzatore, dice questo fulmine di guerra del sindaco Gualtieri, per cui come minimo, se va bene, toccherà alla prossina amministrazione capitolina. Con buche nelle strade che sembrano voragini ed un traffico che blocca persino il presidente del Consiglio, sai cosa gli importa ai romani di chi andrà alla guida della Regione Lazio. Ma escluso, se si può escludere, il disastro di Roma dove ha votato il 33 per cento dei richiamati alle urne, come è possibile non leggere nel voto le tracce profonde del fallimento di un sistema politico nel suo complesso? Se in una democrazia matura vota anche solo un cittadino su otto, può anche andare tutto benissimo. I sette non votanti saranno pienamente soddisfatti del regime vigente, quale che sia la parte politica che lo diriga. Quindi non la situazione dell’Italia con 10 milioni di disoccupati, pensioni da fame e quelli che ti minacciano di morte se togli loro il reddito di cittadinanza.
Il malessere democratico è inevitabile quando una Repubblica eretta costituzionalmente sui partiti si ritrova gestita da leader o presunti tali e nel caso delle elezioni Regionali chiede persino di scegliere un presidente. Servirebbero allora uomini eccezionali per smuovere le masse e le coscienze. A vedere i risultati, viene da credere che dopo vent’anni, i cittadini preferirebbero che il capo della Regione se lo scegliesse piuttosto l’assemblea. Una sindrome pilatesca dettata dalla continuità degli insuccessi. Fontana che è stato comunque confermato è un bel passo avanti, ma anche perché non c’era un’altra candidatura all’altezza.
Era persino logico e scontato che i vincitori delle elezioni di 5 mesi fa reggessero le fila dei loro sostenitori e magari si rafforzassero, mentre il caso Donzelli dimostra che l’opposizione non sa che pesci prendere. L’elettorato ha compreso che la destra vuole i terroristi in galera e la sinistra abolire il 41 bis. Il Pd ancora deve scegliersi una guida e comunque ha retto meglio di quello che si poteva immaginare nello scatafascio generale. Conte, grazie a Dio, è lontanissimo dal sovrastarlo mentre il terzo polo, benedetti ragazzi, ha già dissipato un capitale. Che senso ha presentarsi in Lombardia con un proprio candidato indipendente e nel Lazio sostenerne uno comune? Soprattutto non ha senso politico alcuno proporre un candidato fuoriuscito dalla prima coalizione in Lombardia, per sostenerne un altro della seconda nel Lazio. Un terzo polo esiste se presenta un’alternativa credibile ovvero se presenta un suo candidato autonomo ovunque.
Al paese serve un altro sistema elettorale che recuperi i criteri propri dello spirito costituzionale e quindi un proporzionale senza raccolta di firme e senza sbarramento alcuno per invogliare la partecipazione della popolazione e le proposte di cui i cittadini hanno bisogno. Se i suonatori sono sempre gli stessi di un disco rotto, non le avremo mai. E serve anche un partito repubblicano capace di portare avanti una istanza democratica pura, quando tutte le forze politiche non si accorgono di essere sedute su un vulcano,
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