Nella biografia su Stalin, Boris Souvarine sostiene che il leader sovietico si identificasse con il rivoluzionario arciterrorista Joseph Fouché, liquidatore di Robespierre e del robespierrismo, poi ministro della polizia del Direttorio e dii Bonaparte, contribuendo a superare entrambi. Più che un trasformista, Fouchè si ritemeva l’unico autentico giacobino. Stalin ne avrebbe posseduto il culto, tanto da tenere il Fouchè di Stefan Zweig sul comodino. Nel 1931, il libro preferito da Stalin risultava il più letto in Russia. Persino Ezov, il capo della polizia segreta, privo della licenza elementare, citava ai pranzi ufficiali le discussioni fra Fouché e Talleyrand per compiacere Stalin e la sua banda.
Nel 2023, anno successivo all’invasione in Ucraina, il libro più letto e persino più rubato, in Russia risulta 1984 di Orwell. Un testo che Putin non ha mai letto. Non ci sono autori di qualsiasi genere letterario per cui Putin abbia mai mostrato considerazione, escluso Solgenitsin ma questo solo per ottenerne il sostegno pubblico. Tutti i suoi ex collaboratori fuggiti in Europa, dicono che Putin è solo interessato all’attività fisica, non ala narrativa e alla letteratura. Nel 2025 anche 1984 sta per venire surclassato. Il nuovo successo editoriale è La fine del regime del diplomatico moscovita, ora emigrato, Alexander Baunov. Il saggio di Baunov non si occupa della Russia. Baunov analizza gli Stati contro cui la Russia ha combattuto. Quello spagnolo di Franco, quello portoghese di Salazar, la Grecia dei colonnelli. Non si trova nelle sue pagine nemmeno una volta la parola “Ucraina”, e tantomeno quella “Putin”, argomenti sensibili per la censura. In compenso Baunov spiega per filo e per segno come il fascismo greco sia caduto quando fallì il tentativo di conquista dell’Isola di Cipro, o come quello portoghese collassò con il prolungarsi della guerra coloniale africana. Come il fanatismo religioso non fosse sufficiente ad arrestare il deperimento fisico di Francisco Franco.
Il titolo, La fine del regime, lo si vedeva esposto in vetrina nelle librerie a Mosca, persino davanti alla sede della Lubianka. Nel dubbio, la censura ha deciso di cellofanarlo inserendo un contrassegno che descrive l’autore al servizio delle potenze occidentali. Un nemico, insomma. Tanto è bastato perché questo libro raddoppiasse le vendite. Ora Baunov in Russia sta per diventare il più grande successo editoriale di sempre.
Stefan Zweig è stato un fenomeno letterario unico al mondo. I suoi libri erano tradotti in America fin dagli anni venti del secolo scorso e già un prodotto di consumo. Il fatto che i russi comprassero con entusiasmo il suo Fouchè, potrebbe essere benissimo dettato dalle mode del tempo. Così come i conservatori europei si commuovevano leggendo il Maria Antonietta, un altro best seller di Zweig, i sovietici apprezzavano la biografia di un rivoluzionario, per quanto controverso, quale fu il Duca d’Otranto. Resta la formidabile corrispondenza di gusto fra i vertici politici della Russia ed il popolo stesso, per cui il libro preferito al Cremlino era il più comprato in libreria. Questo non poteva dipendere certo dal Terrore staliniano. L’opera di Zweig non era un salvacondotto. Al dunque la scelta letteraria indicava pur sempre una qualche sintonia.
Baunov che scala le classifiche, ha un sapore completamente opposto, perfezionando quello raggiunto da Orwell. In sostanza, ciò che dispiace al Cremlino piace al popolo. La denuncia strisciante di uno scollamento acuitosi con la guerra di Putin in Ucraina. Non se ne comprendono le prospettive e se ne pagano i costi.
Qui in Italia abbiamo una pletora di personaggi che si affannano ogni giorno a spiegarci come Putin sia invincibile, che una guerra alla Russia era senza senso, che bisognava deporre subito le armi. I migliori amici di Putin sono tutti da noi. I russi, per lo meno a vedere le loro letture, sembrerebbero aver imboccato una direzione completamente opposta, quella per cui, dopo 25 anni, di sopportare Putin, non ne possono più.
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