La ricetta per la pace perpetua la scrisse Immanuel Kant già nel 1795 ed era quasi elementare nella sua preparazione. Delle repubbliche sorelle sul continente che condividessero gli stessi principi e la stessa forma di governo. Quell’illuminista disgraziato di Napoleone Bonaparte aveva un disegno per l’Europa che seguiva lo stesso modello, non fosse che la repubblica si rivelava all’epoca forma di governo troppo instabile e alla mercè delle peggiori pretese, indi per cui meglio fare dei regni governati da suoi consanguinei, promotori delle idee di eguaglianza francesi. Fra mille difficoltà in questo suo progetto, non c’era verso di piegare l’Austria e la Prussia, per non parlare dell’Inghilterra, costrinse ad un accordo la Russia, che non era un paese civilizzato. Al di la del fiume Niema sarebbero stati affari loro, al di qua, suoi. Nemmeno a dirlo, tempo tre anni i russi avevano varcato la Niema e tornato a minacciare la Polonia con duecentomila uomini in armi.
L’idea di pace che si sarebbe realizzata in Europa dal 1815 al 1870, fu l’esatto contrario, un equilibrio di ducati e principati di ogni genere e grado per impedire l’espansionismo dei grandi regni continentali e per quanto la realizzazione fosse una schifezza, benedetta dalla chiesa e dal ritorno dei vecchi privilegi, per lo meno funzionò per quasi quarant’anni, fino a quando la Russia pensò bene di riaffacciarsi con le sue cannoniere sul mediterraneo, ovviamente per difendere i luoghi sacri. Le sue alleate le diedero addosso, guarda il caso, proprio in Crimea. A quella guerra rimasero estranei gli stati tedeschi. L’Austria perché in fondo legata allo Zar e quelli germanici perché troppo deboli per misurarsi. Con la Crimea tornò a galla il problema dell’unificazione tedesca che si realizzò nell’unico modo possibile su un presupposto militare ed una prima guerra con l’Austria, poi con la Francia ed infine con l’Inghilterra e fu la prima guerra mondiale. L’anomalia di quella guerra è che Russia e Germania nonostante i loro legami di sangue si trovarono dalla parte opposta della barricata e questo fu talmente insopportabile per il Kaiser da fargli avere un’idea geniale, facciamo un colpo di Stato in Russia, deponiamo lo zar e almeno riavremo la pace.
Non ci fu fenomeno più straordinario al mondo della Rivoluzione russa. Mentre tutti i governi europei avevano odiato la Rivoluzione francese, verso quella russa furono compiacenti persino gli americani, infatti il nuovo regime , con la pace, aveva il suo bel da fare. Doveva costruire una società completamente nuova. Ministri ed intellettuali andavano in Russia e vi tornavano entusiasti, tanto da pubblicare libri e riviste per decantare le lodi di questo popolo giovane e appassionato, che si era ripromesso di cambiare l’umanità. John Reed, Andrè Malraux, Andrè Gide, Joseph Roth. Schumpeter, che vedeva lungo, scrisse persino che il loro modello economico, quello dei soviet, avrebbe soppiantato il capitalismo. Alfhonse Aulard, della Sorbonne si commosse pensando di vedere in Lenin un secondo Danton. Giusto Keynes si mostrò scettico, ma Keynes all’epoca non se lo filava nessuno. Nel 1928 arrivò a Mosca Stephan Zweig. l’autore più letto al mondo. Zweig venne accolto con tutti gli onori e anche lui si sarebbe convinto di dover scrivere un commento per celebrare questa realtà tanto slanciata sulla via del progresso. Non fosse che una sera si trovò un biglietto nella tasca dove leggeva di non credere ad una parola di quanto gli veniva detto e fatto mostrare, che tutto era un inganno e di bruciare il biglietto, non di strapparlo, perché altrimenti sarebbe stato ritrovato e ricomposto. Si deve a Zweig se cambiò almeno parzialmente la valutazione sulla Russia sovietica. E con delle ragioni, dato che la seconda guerra mondiale fu possibile perché Stalin si era alleato con Hitler che ammirava profondamente. Al Cremlino Stalin era rimasto abbagliato dalla notte dei lunghi coltelli.
Da allora mai il mondo era stato affacciato su un abisso più profondo di quello su cui si è riunito l’Onu in questi giorni. Non solo perché la Russia ha lo stesso volto di sempre, ma anche per l’attacco ad Israele dietro cui c’è il principale alleato della Russia, l’Iran. La situazione di Israele e dell’Ucraina, sono le stesse, non fosse che Israele ha più capacità di difesa tali da sembrare l’aggressore. Erdogan che si lamenta che nessuno la ferma, non scorge la cosa più semplice, ovvero, chiedere ai suoi amici di Hamas di liberare gli ultimi ostaggi e questo servirebbe. Più concreti cinesi e brasiliani che avrebbero predisposto un piano di pace in sei punti per l’Ucraina e l’indiano Modi vorrebbe contribuire. Disgraziatamente non si capisce quale possa essere il punto di incontro, tanto che Biden ha semplicemente rilanciato l’unità della Nato. In questa dimostrazione sconcertante di assoluta impotenza, l’Italia ha fatto un figurone, con premi e promozioni. L’onorevole Meloni ha sventolato niente di meno che il suo cavallo di battaglia, il leggendario piano Mattei, un approccio diverso per l’intero continente africano, dove ci si possa confrontare “ad armi pari”. Al che viene spontaneo chiedere se il presidente del Consiglio italiano ha mai fatto un giro per le miniere dell’ex Congo belga, o se l’Africa che conosce, è quella dei club Mediterranée in cui sbarcano Briatore e la Santanchè.
pinacoteca di Brera