Coloro che ci spiegavano che ci si sarebbe presto trovati davanti allo spettro della guerra atomica, gli stessi convinti che Putin avrebbe preso Kyiv e cancellato l’Ucraina in una settimana, si saranno pure accorti della mesta parata del 9 maggio a Mosca. Il discorso di Putin è stato quello di un cane bastonato, costretto a difendere le ragioni del suo attacco, come una risposta alla minaccia della Nato ed incapace di fornire un qualsiasi bilancio di questi due mesi di bombardamenti sulla popolazione civile. Putin ancora non ha espugnato Azovstal e non riesce a conquistare una cittadina del Donbass senza riperderla quasi immediatamente, figurarsi se può conquistare Odessa.
Durante la parata della vittoria si è visto sfilare il temibile carro T 15, l’avanguardia negli armamenti, che pure non opera in Ucraina. È solo un prototipo, entrerà in produzione, se va bene, il prossimo anno. Non si sono invece visti gli aerei in cielo, probabilmente perché è il caso di risparmiare sulla benzina ed evitare rischi di dover compromettere qualche parte tecnica con l’uso. Tanto che un vecchio colonnello della Armata Rossa oramai in pensione, Mikhail Khodaryonok, ospite della tv di Stato Russia-1, ha detto che le truppe russe “non possono competere” con quelle armate della Nato e che non c’è nessuna possibilità di vincere una simile guerra. Nemmeno una presunta “mobilitazione di massa” servirebbe a qualcosa. Nonostante la censura, le parole di Khodaryonok, hanno oramai fatto il giro di tutto il Paese. Sono il commento tombale sullo stato pietoso di più di due mesi di guerra contro una Nazione che ha avuto un solo esercito indipendente in tutto il secolo scorso, quello cosacco che pure si disfò in pochi minuti davanti a quello sovietico nel 1918. Oggi rischia di disfarsi quello russo di Putin e per la semplice ragione che il mondo occidentale ha armato l’Ucraina per come doveva essere armata. Soprattutto, oramai è evidente, l’Occidente ha fornito a Kyiv il supporto strategico necessario, quello che ha consentito di eliminare più di venti alti ufficiali russi, di affondargli le ammiraglie della flotta, insieme alla distruzione di tutti i mezzi militari che conosciamo. Se la Russia non sa vincere una guerra convenzionale contro una sua ex Regione, figuratevi se può impegnarsi in un conflitto atomico contro il mondo occidentale.
Sotto questo profilo il pacifismo da strapazzo italiano, ridotto da parte di alcuni esponenti politici al proclamare non diamo armi particolarmente offensive all’Ucraina, prima che rivelarsi insensato si è mostrato inutile. L’Italia non è il principale referente degli armamenti ucraini, potrebbe anche non darne affatto e gli ucraini sarebbero perfettamente riforniti come bisognano. L’Italia fornisce le armi richieste sulla base di una alleanza a cui appartiene, il cui peso complessivo ha effetti di una qualche incidenza e si è visto quali, sulla guerra. Se l’Italia non avesse fornito armi o si fosse messa a discutere il suo contributo, avrebbe compromesso la sua presenza nell’alleanza atlantica e le armi che avrebbe negato sarebbero state recuperate da altri paesi membri. Con il che è facile dare un giudizio sui politici italiani che hanno messo in scena questa pantomima. Quanto alla provocazione della Nato, alla Nato che abbaia contro la Russia ed altri discorsi del genere, la Nato non è in Ucraina, semmai è in Polonia. Per cui se la Nato fosse una minaccia, le sarebbe bastato attaccare la Russia dalla Polonia, magari mentre quella si consumava in una operazione senza capo né coda in Ucraina.
Discorso molto diverso invece è chiedere all’America, ora che si è già vinta la guerra, di non consentire che l’Ucraina possa infierire sulla Russia. Questione molto delicata, perché legittimamente l’Ucraina rivuole il territorio occupato con la forza e che con la forza potrebbe voler recuperare. Diplomaticamente a questo punto si tratterà di dover difendere il diritto della Russia, che anche esiste. Solo che difficilmente la permanenza di Putin al potere potrà agevolare uno stato di trattative utile a ripristinare una pace di qualche durata.
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