Quello che è più mancato in questi trenta anni passati dalla strage di Capaci alla società italiana, non è stato solo “il giudice” Giovanni Falcone, ovvero la sua competenza professionale, il suo fiuto nelle indagini, quella sua dote istintiva di valutare l’attendibilità dei pentiti e nemmeno la particolare prudenza che gli impediva salti logici fra i livelli criminali. Di fatto Falcone, discriminato dalla procura di Palermo, estraneo alle correnti che portarono Sica alla presidenza dell’Antimafia e poi un personaggio come Palamara alla presidenza della Anm, era già un isolato nella magistratura. Abbiamo ricordato come fosse costretto a lavorare per un governo della Repubblica. Ci sarebbe piuttosto da chiedersi se il giudice sul campo fosse stato ancora libero di muoversi come aveva fatto, se avesse mai ottenuto un altro incarico, visto anche come poco sia stata usata negli anni quella che pure era una sua invenzione contro la mafia, come la Dia.
In questi trent’anni è mancato quindi soprattutto l’interlocutore più preparato nel mondo della Giustizia, quello più sensibile ai temi che si discutevano, quello più influente e capace di farsi ascoltare, quello che in una parola avrebbe avuto la maggiore attenzione mediatica. Falcone non ha mai potuto commentare “Mani pulite”, agli esordi prima della sua morte, né le inchieste sulla cosiddetta trattativa Stato Mafia, né tanto meno le straordinarie attenzioni giudiziarie su Silvio Berlusconi che ancora nel 1992 non aveva ruoli politici di nessun genere. Se ci si pensa, Falcone non ha nemmeno potuto commentare la sentenza su Andreotti.
Nessuno più di Falcone nel mondo della magistratura avrebbe avuto più autorevolezza per dare su tutti questi sviluppi che sono accaduti una visione di insieme ed un indirizzo all’opinione pubblica che con la sua morte è mancata. C’è chi lamenta di non aver più visto un magistrato con la schiena dritta, il coraggio e la coscienziosità che possedeva Falcone, e per la verità su questo non siamo in grado di pronunciarci, non ci permettiamo. Vi saranno pure ottimi magistrati, anche se per la verità davvero è difficile scorgerne. La morte di Falcone invece, ci ha resi orbi di un occhio.
Siamo stati privati dell’autorevolezza necessaria per esprimere un parere come il suo. A cominciare proprio dall’idea di Falcone sul mondo della Giustizia nel suo complesso. Questa sarebbe pure stata utile da avere presente, considerato che chi come lui richiedeva che pubblici ministeri e giudici fossero due figure strutturalmente differenziate nelle competenze e nella carriera, sarebbe poi stato bollato come nemico dell’indipendenza del magistrato e nostalgico della discrezionalità dell’azione penale. Eppure gli esiti dei processi di mafia celebrati col nuovo rito, senza la riforma dell’ordinamento, pensiamo anche solo ai casi di Calogero Mannino, o dell’ex ministro Mancino, dovrebbero essere fin troppo chiari per essere commentati. Solo i magistrati che se ne sono interessati non sembrano accorgersene, e forse non è nemmeno colpa loro. Sarebbe bastato che Falcone fosse rimasto in vita perché l’intera storia italiana avesse avuto una diversa evoluzione da quella che abbiamo conosciuto.
L’albero Falcone foto Fondazione Falcone