Quando la Lega aveva un esperto giurista sul ponte di comando, il professor Gianfranco Miglio, il progetto di riforma federale elaborato prevedeva un governo presidenziale per porre in mani sicure l’unità nazionale. Ancora nel secondo governo Berlusconi, con il ministro delle Riforme Calderoli, il rafforzamento dei poteri del presidente del consiglio, che era il cruccio di Berlusconi dopo il ribaltone subito nel 1994, veniva accompagnato da una profonda revisione del titolo V. La riforma Calderoli con una specie di premierato introduceva un principio di salvaguardia dell’interesse nazionale tale da correggere la deriva della legislazione concorrente imboccata dal governo Amato nel 1999. Anche la riforma di Renzi aveva un capitolato a riguardo, altrettanto incisivo. L’attuale proposta di Riforma, voluta principalmente dal presidente del Consiglio, onorevole Meloni, concentra i poteri sul capo del governo, fornendogli una maggioranza dopata dal sistema maggioritario e invece di correggere il titolo V si accompagna ad una proposta a latere di autonomia differenziata. Tutti ingredienti utili a perpetuare la crisi dell’unità dello Stato iniziata nel 1993 con le inchieste di “Mani pulite”.
Giustamente, l’amico Franco De Angelis da questo giornale ha posto il problema di una crisi costituzionale molto profonda che inizia infatti con la crisi dei partiti che si conoscevano allora, ovvero i partiti sottoscrittori della costituzione antifascista del 1948. Qui vi sarebbe da discutere se sia costituzionalmente plausibile un ordinamento giuridico che incrimina i partiti costituenti piuttosto che i singoli esponenti degli stessi accusati di reati e dunque se i governi non avessero dovuto proporre un decreto per fermare i giudici. Non fosse che il Parlamento, dove si agitavano i cappi in aula, era più minaccioso della piazza ed il ruolo dei partiti si esprime nel voto delle Camere che si consegnarono ai giudici senza resistenza alcuna. Evento unico nella storia d’Europa. La Convenzione francese sfidò i cannoni. La Germania riunificata incriminò il presidente Khol e a nessuno venne in mente di perseguire o destrutturare la Cdu, o di fondare “Forza Germania”.
Dal momento nel quale si è rotolati in questa anomalia diventava gioco forza riscrivere la costituzione, anche per le continue modifiche surrettizie o meno che vi sono state introdotte. Abbiamo persino autorizzato il rientro dei Savoia, sovvenzionato le scuole parificate, fino alla riduzione dei parlamentari, per capirci. La scatola di tonno scoperchiata è niente in confronto .Tanto che il parlamento è arrivato una seconda volta a rinunciare alle sue prerogative, consentendo al governo di svolgere un ruolo normativo, non previsto, non prevedibile, non consentito da una Repubblica democratica perché ne comporta il principio contrario, ovvero che il governo sostituisce il Parlamento, come faceva il governo del re, o il fascismo. Ci è voluto un anno intero per correggere una simile ignominia della storia repubblicana che senza più i partiti costituenti, non è in grado di garantire la Costituzione che non seppero garantire nemmeno più quelli..
Se dunque è pertinente pensare di riscrivere una costituzione, non è ammissibile farlo con una maggioranza semplice. Non solo perché comunque questo principio del dettato costituzionale ancora è valido, ma perché con un sistema maggioritario ogni nuova maggioranza si può arrogare il compito di una riscrittura secondo la sua visione dello Stato, sempre che ne abbia una. Se si volesse davvero arrivare, non ad una Terza Repubblica, ma almeno ad una Seconda, servirebbe una nuova Assemblea costituente convocata sulle basi di una elezione proporzionale utile ad includere tutta la popolazione. Senza questo possiamo andare avanti a proposte di riforma di coalizione sottoposte al referendum all’ infinito. Invece di una Nuova Repubblica, avremo il proseguimento dell’agonia della vecchia.
Domaine de Vizille muséè de la Révolution Française