Mai si dovessero prendere misure di Salute Pubblica, cosa da non escludere vista la situazione interna ed internazionale, il senatore Salvini dovrebbe essere invitato ad emigrare ed il senatore Borghi confinato nella sua città di Como. Se la Lega del senatore Bossi era un fenomeno politico controverso e discutibile, la Lega dopo Bossi è un fenomeno folcloristico, non necessariamente meno dannoso. Solo un fenomeno folcloristico può invitare alle dimissioni del Capo dello Stato ignorando i trattati sottoscritti che l’Italia è chiamata a rispettare e poi essere costretto ad una penosa, quanto ridicola, marcia indietro. Prima che il presidente Mattarella lasci il Quirinale, Salvini e compagnia farebbero meglio a lasciare il governo. Del resto Salvini si è già messo in una situazione senza via di uscita. Se la Lega recupererà voti, sarà merito della tribalità del generale Vannacci, se li perde ulteriormente, come bisogna augurarsi, la responsabilità sarà tutta del capitano Matteo. Visto che la Lega dispone ancora di Governatori capaci, andrà necessariamente ad una ridefinizione dei suoi vertici e sarebbe pure ora.
Quello che davvero non ci si immaginava è che Forza Italia, in frangenti di questo genere, si comportasse persino peggio della Lega, spiegando alle televisioni che in fondo non c’è niente di male a criticare il capo dello Stato. Infatti Forza Italia lo ha sempre criticato il capo dello Stato, ma mai quello che ha concorso ad eleggere. Evidentemente se tu ti poni come alternativa di sistema, hai diritto di distinguerti dalla presidenza della Repubblica, anche se la cosa francamente resta imprudente. Mettersi contro il capo dello Stato, presuppone, data l’irresponsabilità politica della carica, la richiesta di Impeachment. In questo modo il partito orfano di Berlusconi diventerebbe degno di quello dell’onorevole Occhetto. Mentre nel momento nel quale critichi il capo dello Stato da te eletto, non ti resta che votarti alla monarchia, forma istituzionale che comunque dovrebbe essere cara all’onorevole Tajani.
Con un sentimento di mestizia siamo andati incontro al 2 giugno ricordando il grande Edgar Quinet che pure visse disperatamente la realtà di una Repubblica priva di Repubblicani, nella Francia di due secoli fa circa, il 1795. Quella era comunque stata una Repubblica che si era levata e spazzata nel sangue, tanto da affermarsi come un Impero tale che per più di vent’anni tenne in scacco tutte le potenze europee. A conti fatti, non erano molto più avanzati civilmente i nemici di quella Francia, anzi, lo stesso Quinet lo riconosce ricordando che appena caduto l’impero venne soppresso il divorzio istituito nel 1791. La Repubblica italiana nasce invece in tutt’altro contesto, dal momento che l’italia fu a lungo una terra di conquista, come si diceva, “un’espressione geografica”. Per cui abbiamo qualche debito con quella Francia repubblicana ed imperiale. Mentre quelli che oggi si ritrovano al governo nemmeno si rendono conto, non solo del debito morale con la Francia, ma persino di discendere proprio da coloro che di tutti i conquistatori possibili, sostennero i peggiori, le Waffen SS scese a combattere contro gli anglo americani. Allora fu la guerra civile. Invece di stare li a vantare chissà quali meriti che si sarebbero conseguiti in questi ultimi due anni, magari vi sono, magari no, sarebbe il caso di darsi almeno un’occhiata più approfondita alle spalle, Soprattutto quando c’è chi si mette a rivangare i fasti della Decima flottiglia Mas. Il passato, non è ancora interamente passato.
Galleria della presidenza del Consiglio dei Ministri