Siamo profondamenti riconoscenti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per gli onori resi l’8 dicembre, ottant’anni dalla ricorrenza, al sacrario militare di Monte Lungo, dove una unità di militari italiani combatté per la prima volta le truppe nazifasciste accanto alle forze alleate. C’è chi ricorda El Alamein, noi ricordiamo volentieri la battaglia di Monte Lungo ed i suoi 900 morti. Di fronte ad un esercito che si disgregava o che magari si ricostituiva per servire il governo fantoccio di Salò, ci furono soldati italiani pronti a tornare alle armi per liberare il Paese.
L’8 dicembre è una data che merita di essere comunque ricordata anche perché in questo stesso giorno nel 1981 morì Ferruccio Parri a cui il partito repubblicano italiano rimane molto legato. L’esempio politico e morale dato da Parri in tutta la sua vita fu eccezionale. Quali che siano poi state le sue divergenze con Pri, “il comandante Maurizio” resta un punto di riferimento storico a cui non si potrà mai rinunciare. Parri con gli altri eletti repubblicani della Costituente ha dunque votato la dodicesima disposizione finale della Costituzione per la quale si è vietata la riorganizzazione, “sotto qualsiasi forma” del disciolto partito fascista e insieme, la deroga all’articolo 48 per la quale tempo cinque anni si sarebbero esaurite le limitazioni al diritto di voto e alla eleggibilità anche per gli stessi responsabili di quel regime, quelli almeno rimasti in vita, dato che alcuni, come De Bono, Ciano, vennero fucilati dai fascisti stessi. Parri quindi riconosceva la generosità della Repubblica che messo al bando l’organizzazione politica e abbattuto il regime, consentiva a tutti coloro che pure vi erano appartenuti. inclusi capi di quel regime, il maresciallo Graziani, per esempio, di rientrare a pieno diritto nelle vita civile, considerato la precedente amnistia varata dal ministro di Giustizia del governo De Gasperi, Palmiro Togliatti. Questo significava che una volta rispettate le leggi della Repubblica, qualsiasi cittadino è libero di pensare e credere quello che preferisce e che ritiene, a torto o a ragione, per lui più opportuno. La differenza che corre fra la nostra Repubblica democratica e la Repubblica giacobina che preferiva discriminarti quando solo sospetto di poter nuocere allo Stato. Se qualcuno, bontà sua, mai volesse ripristinare o erigere una Repubblica Giacobina, necessita di una proposta di riforma della Costituzione molto più profonda e complessa di chi si accontenta di chiedere beatamente il premierato.
Questo stesso 8 dicembre vissuto alla prima della Scala di Milano ha visto un loggionista gridare, dopo l’esecuzione dell’Inno di Mameli, “Viva l’Italia antifascista!”, condotta sicuramente poco consona ad una inaugurazione tanto solenne, celebrata alla presenza delle principali cariche istituzionali. Sembra infatti che il loggionista sia stato redarguito dalle autorità di polizia. A sua difesa si può per lo meno dire che fa sempre piacere sentire in un simile giorno questa esternazione. Mameli, Verdi, Parri, l’antifascismo, sono gli emblemi dell’Italia migliore che portiamo nella mente e nel cuore e a cui non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare e in nessuna occasione.
Galleria fotografica della Presidenza della Repubblica