Quando il presidente del Senato che ricopre la seconda carica dello Stato, ebbe modo di esternare le sue posizioni sull’attentato di via Rasella, questo giornale lo aveva invitato a mantenere un maggiore equilibrio di giudizio. La Repubblica antifascista consente ogni libera opinione, ci mancherebbe, ma quelle dei rappresentanti delle istituzioni devono essere particolarmente prudenti perché devono considerare con la lettera della Costituzione anche i principi fondativi della stessa. Sotto un profilo storico si può discutere benissimo del significato strategico di un episodio della resistenza, e persino giudicarlo sbagliato. Bisogna solo ricordare che la ragione politica della resistenza poggia comunque nella lotta contro il nazifascismo. È sicuramente apprezzabile che il presidente del Senato si sia poi a breve preoccupato di correggere le sue dichiarazioni improprie. Cosa affatto diversa una carica istituzionale che invece di dare un giudizio storico discutibile, assume le difese di un parente da un’inchiesta della magistratura. Le funzioni che ricopre, quali che siano le sue convinzioni, dovrebbero impedire di farlo, in quanto coinvolto un altro e diverso organo dello Stato. Non c’è solo l’evidente conflitto istituzionale, ma anche l’ipotesi di voler influire sugli atti di un organismo autonomo ed indipendente.
Le accuse che sono state riportate dalla procura di Milano al giovane Apache La Russa sono molto delicate, in quanto riguardano quelle di violenza su una donna che comportano sempre un impatto morale. In questo caso presentano anche una ricaduta sociale. Il 19enne frequentava quella che è stata riconosciuta come una persona sottoposta all’uso di droghe. Potrebbe facilmente decadere l’accusa di violenza, come ci auguriamo e resterebbe il dato pubblico delle frequentazioni, per di più nell’abitazione dello stesso presidente del Senato ed in sua presenza. Anche nel caso in cui il giovane Apache non abbia mai personalmente abusato di droghe, non sapesse che la persona coinvolta ne abusasse, o persino che fosse stata dedita solo in quell’occasione e fortuitamente ad assumerne, l’elemento ambientale rimane. Non si tratta di un reato, ma di un’ ombra che per disgrazia del senatore La Russa continuerebbe a pesare. Egli è infatti esponente di un partito dichiaratamente ed orgogliosamente proibizionista. Ancora pochi giorni fa abbiamo visto il presidente del Consiglio impegnato a spiegare questa posizione davanti a delle contestazioni strumentali, per cui la reprimenda del presidente La Russa al figliolo sarebbe dovuta avvenire prima, piuttosto che dopo i fatti di cui si è venuto a pubblica conoscenza. Se un esponente di un partito che raccomanda una misura comportamentale, non riesce a farla seguire nemmeno a suo figlio, come può pretendere di imporla al resto della comunità? Mai l’imbarazzo istituzionale fosse districabile, quello politico resta lancinante.
Sulla base della conoscenza del senatore La Russa, oramai da tanti anni si può essere sicuri che egli non volesse e mai sarebbe capace di discriminare qualcuno, tantomeno le donne. Le sue parole sono quelle di un padre colpito nei suoi affetti che meritano comprensione e solidarietà. Bisogna però anche capire le ragioni tutte dell’opposizione, o per lo meno di una sua parte. Questa non si sente partecipe della vicenda personale che riguarda esclusivamente il presidente del Senato e pretende correttamente una scrupolosa imparzialità istituzionale. L’opposizione è nel pieno del suo diritto, dal momento che la presidenza del Senato non consente personalismi. Quello che si concede volentieri ai sentimenti di un padre, non può essere concesso alla seconda carica dello Stato. Lo sappiamo da Giovanni Spadolini che questa è chiamata a guardare al solo interesse nazionale sacrificando prima di tutto quello della sua famiglia.