Il principe di Metternich ebbe modo di dire all’indomani della seconda campagna di Polonia che “solo la Francia era francese” e questo nonostante tutti i trattati sottoscritti con quel paese, dagli anni di Campoformio fino al matrimonio di Maria Luisa. Essendo la casa d’Austria continuamente umiliata sul campo di battaglia, cedeva qualcosa. Una regione, una città, una principessa di sangue, tutto per avere la pace. Il che non significava affatto rinunciare a quelli che erano considerati possedimenti austriaci inalienabili.
Soltanto l’assenza di temperamento diplomatico può aver portato il presidente Zelensky a dire che l’Ucraina non rinuncerà mai ai suoi territori naturali. Avesse avuto accanto a se un Metternich quello gli avrebbe ricordato che, date le circostanze, la rinunzia era da considerare “puramente temporanea”. L’arte della diplomazia è legata esclusivamente ai rapporti di forza. Bisogna riconoscere al principe di Metternich di averli, questi, sempre valutati perfettamente. Nonostante il suo elevato rango sociale, non fu mai arrogante, se non quando poteva permetterselo abbondantemente.
Ora la domanda che Zelensky dovrebbe porsi è per l’appunto sul suo esatto stato di forza. Anche se si sente e giustamente, vincitore della guerra, Putin pensava di conquistare l’Ucraina in tre giorni e lui è li ancora da tre anni, questa sua vittoria rimane precaria e fondata sulle armi americane ed europee. Non solo armi, dal momento che proprio ieri a Kyiv è stato celebrato il funerale di un giovane ufficiale dei marines statunitensi impegnato nel servizio sanitario nel Donbass.
Dopo tanti concioni irritanti, ci si è permessi di descrivere Trump come un nuovo Hitler, il Corriere della sera ha pubblicato l’opinione dello storico ucraino Yaroslav Hrytsak. Un amico di Zelensky convinto che il suo presidente abbia semplicemente sbagliato. Se il capo della potenza principale al mondo sua alleata, ti propone un’offerta di pace, perché rifiutarla? Trump è convinto di poter accordarsi con il tuo nemico, lasciaglielo provare. Abbiamo visto il paradosso che per una volta che l’America cerca la pace, tutti vogliono che vada in guerra. Anche Lyndon Jhonson era convinto di fare la pace con Ho ci min e di ritirare il prima possibile le truppe statunitensi. Fece tutta la campagna elettorale su questo tema, vinte le elezioni offerse miliardi ad Hanoi e finì per bombardarla e mobilitare seicentomila soldati.
Nella tanta confusione che si è sollevata, si dimentica che l’America è l’alleata dell’Europa e dell’Ucraina. Come nazione è il principale alleato dell’Ucraina che pure presso il popolo americano è esotica quasi quanto lo era il Vietnam. Fu proprio Lyndon Johnson a vedere il popolo americano scagliarsi contro la guerra da lui esasperata, inclusi i suoi stessi compagni di partito. Il principale accusatore di Johnson durante il suo mandato, non fu Nixon. Fu Bob Kennedy che la guerra in Vietnam l’aveva consigliata. McNamara, il segretario alla Difesa, pugnalò alle spalle il suo presidente.
Ricordati tali precedenti si può dare torto a Trump che vuole chiudere il prima possibile la guerra? Non c’è ragione che lo ostacoli proprio la principale vittima della guerra stessa. Ho ci min non voleva la pace. Governava con una dittatura militare un paese dove donne, vecchi e bambini contribuivano alla macchina bellica ed era così fin dai tempi delle invasioni di Gengis Kahn. I 15 milioni di abitanti del Vietnam del nord erano 15 milioni di soldati, l’esercito più numeroso al mondo. Lyndon Johnson non riuscì mai a capirlo, piangeva quando vedeva saltare per aria una scuola elementare. Zelensky dovrebbe sapere che a stento riesce ad arruolare centomila uomini. La Russia ne sta proscrivendo altri trecentomila. Ci sono persino i nordcoreani, e se è vero che già sono morti tutti quelli arrivati nella prima ondata, a furia di mandarne, impareranno pure qualcosa, soprattutto se l’Ucraina si indebolisce.
Ora Trump ha sospeso gli aiuti militari a Zelensky. Una procedura istituzionalmente controversa, di non facile applicazione, che fa irritare l’industria bellica statunitense, la più potente e disperata quando le si tolgono le commesse già stanziate. Gli aiuti potranno essere ripresi in qualsiasi momento e comunque la loro revoca, esprime il malcontento della Casa Bianca per le obiezioni ucraine a quella che pure è la principale promessa fatta durante la campagna elettorale, la pace in 24 ore. Considerato che Trump è un alleato in difficoltà proprio per questa promessa avventata, Zelensky dall’alto del sui eroismo, potrebbe tendergli una mano. Magari ne ricava un vantaggio.
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