Si discute molto sull’ipotesi di istituire per legge il salario minimo. Ognuno vuole dire la sua, ma nessuno che prenda in considerazione lo stato dell’arte. Per esempio in Romagna, la florida Romagna che si sta rialzando dopo la disastrosa alluvione di maggio, dove c’è una solida economia basata su turismo e industria manifatturiera mentre l’agricoltura arrancava un po’ già prima dell’alluvione e adesso si dispera nelle zone finite sott’acqua, sono in corso numerosi processi per caporalato nei quali, tra le altre accuse, c’è spesso quella di riduzione in schiavitù. Soprattutto il settore agricolo, orfano di un soddisfacente flusso di manodopera proveniente da alcuni paesi dell’Europa dell’Est (anche a causa della guerra in Ucraina) e dal Nordafrica, è costretto a ricorrere al caporalato che organizza finte cooperative fornendo mano d’opera a basso costo per ogni esigenza. Dagli atti dei processi risulta che i nordafricani, organizzati e sfruttati da loro connazionali, percepiscono 5 euro all’ora ‘in nero’, quindi netti. Ma c’è un altro popolo che non se la passa bene: è quello delle cooperative sociali che si occupano principalmente di pulizie negli edifici pubblici e negli ospedali e dello svuotamento dei contenitori della raccolta differenziata dei rifiuti. È un popolo quasi invisibile perché lavora di notte o alle prime luci dell’alba, che non conosce festività: hanno lavorato anche il 25 aprile (festa della Liberazione), il 1º Maggio (festa dei lavoratori) e il 2 giugno (Festa della Repubblica fondata sul lavoro) e non ha sostanzialmente tutele sindacali. Per loro la paga è di 7,50 euro all’ora se lavorano sulla pedana, 8,50 euro per gli autisti, corrispondenti a un reddito mensile che varia da 900 a 1.200 euro a seconda delle ore lavorate e delle mansioni. E siamo al Nord, non al Sud dove il costo della vita è inferiore.
La paga oraria di 7,50 euro lordi non è molto lontana dai 5 euro netti dei nordafricani, ed è distante dai 9 euro indicati da Elly Schlein.
Solo in Romagna il popolo dei lavoratori (quasi) invisibili delle cooperative sociali, organizzate attraverso grandi poli che fanno capo alla Lega delle Cooperative e vincono sempre i grandi appalti, è formato da oltre mille persone, ma la situazione non è dissimile in Emilia e in tante altre regioni.
Alla definizione ‘lavoratori invisibili’ c’è chi preferisce quello di ‘nuovi schiavi’: il lavoro si svolge spesso in condizioni proibitive, nel cuore della notte, sotto la pioggia, a esporsi al freddo e al gelo in inverno, con temperature elevate in estate, e senza indennità per il disagio. Inoltre viene imposta un’elevata flessibilità oraria con turni massacranti che arrivano fino a 10-12 ore al giorno, e l’organizzazione del lavoro impedisce di fatto agli operatori delle pulizie di prendere altri impegni lavorativi per arrotondare lo stipendio: orari e luoghi in cui prestare l’opera vengono indicati con tre giorni di anticipo e cambiano spesso. Insomma, se arriverà la norma sul salario minimo i primi a essere contenti saranno proprio i lavoratori (quasi) invisibili delle cooperative sociali, ma la piaga del caporalato non verrà sanata, anzi probabilmente si incancrenirà di più.
Foto Nicola Quirico | CC BY-SA 4.0