Gogol voleva scrivere una Divina commedia in lingua russa, se non per oscurare Dante Alighieri, di cui era un ammiratore, per lo meno eguagliarlo. Le anime morte, sono il primo libro di questa tentata opera, l’Inferno. Quando si trattò di scrivere il secondo, il Purgatorio, Gogol non riuscì ad andare avanti, per cui della Divina Commedia russa esiste il solo capitolo dedicato agli inferi, da lì si inizia e li si rimane. Gogol si potrebbe dire era ucraino, eppure egli si sentiva interamente uno scrittore russo tanto da affidare alla Russia una missione civilizzatrice nel confronto del mondo intero che sembrava oramai persosi nelle idee miscredenti della Rivoluzione francese che avevano corrotto l’intero occidente e rischiavano di espandersi ancora. Solo che nel momento nel quale si trattava di opporre una qualche santità a tanto sconquasso, il buon Gogol non trovò nient’altro che la piccola burocrazia della provincia russa, avida ottusa ed incapace in tale misura che non riuscì più a scrivere un qualche seguito al suo poema.
Si pensa comunemente che l’erede di Gogol, per stile e dipendenza letteraria sia Bulgakov, il che sarebbe vero non fosse per la completa mancanza di fede religiosa in Gogol rispetto a Bulgakov che invece è un autentico mistico.. Il continuatore del pensiero di Gogol è un altro ucraino anche se non propriamente un poeta, Leo Trotskij che nella sua La Rivoluzione tradita, descrive un nuovo infermo russo. Come Gogol, Trotskij sognava un paradiso russo e rimane schiacciato dai gironi del sistema burocratico che ha soppiantato ogni speranza democratica in brevissimo tempo. Su cosa si fondava questo strapotere burocratico? Sulla servitù della gleba, la stessa che domina le ambizioni del protagonista delle Anime morte, Cicikov. Invece di emancipare la gleba, la Rivoluzione rafforzò la burocrazia già potentissima ai tempi dello zarismo. Questa burocrazia è il pilastro della Russia di oggi, trecentomila persone solo quelle impiegate nella sicurezza personale del capo del Cremlino, un esercito costruito direttamente dal vecchio Kgb, che poi altro non era che la polizia politica zarista. Per due interi secoli polizia e burocrazia in Russia si confondono, sono praticamente lo stesso, l’ossatura del regime. Ogni volta che emerge un soggetto diverso, il kulaki, piuttosto che il neppista, lo eliminano. Un qualche singolo individuo che disturba? Il gulag, l’esilio, una picconata in testa. Rimani un buon servo della gleba che si toglie il berretto davanti allo starosta e avrai una possibilità di farcela.
Giusto un Cicikov potrebbe pavoneggiarsi per il risultato delle urne in Russia e credere magari che quello lo renda più sicuro e potente, quando in realtà in Russia nessuno si è accorto delle elezioni. Non c’è campagna elettorale, non ci sono candidati, ci si reca alle urne come alla visita medica prescritta in ufficio. Gogol descriveva questa disposizione meccanica della vita russa attraverso l’esposizione di registri, pratiche, numeri che di fatto cancellavano qualunque originalità individuale fino a togliere qualsiasi significato alla stessa esistenza umana. Milioni di persone erano come niente, una semplice cifra di inchiostro su un pezzetto di carta che poteva essere appallottolato in qualsiasi momento. Bentornati in Russia.
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