L’edizione di giovedì 4 gennaio de ‘Il Manifesto’, almeno nell’edizione online (non siamo riusciti a trovare quella cartacea) contiene un documentato, ma suggestivo, articolo sul paese di Rosazza, in provincia di Biella, dove la notte di Capodanno c’è stato il ferimento di un giovane, colpito da un proiettile sparato dalla pistola dell’onorevole Emanuele Pozzolo di Fratelli d’Italia, poi sospeso dal partito. L’articolo racconta l’evoluzione politica del piccolo paese, un centinaio di abitanti, dominato dalla famiglia Delmastro con il sottosegretario alla Giustizia Andrea, figlio di Sandro e nipote dell’esponente del Pnf di Vercelli Giovanni, assurto alle cronache giudiziarie per rivelazione di segreto d’ufficio, e la figlia Francesca sindaco.
Ma è nel titolo che il ‘quotidiano comunista il manifesto’ dà il meglio di sé: ‘Tra le svastiche mazziniane di Rosazza, dove regna la dinastia dei Delmastro’. Tutti i giornalisti sanno che spesso sia difficile sintetizzare in pochissime parole il contenuto di un articolo, ma sanno anche che usare accostamenti suggestivi e fuorvianti non va d’accordo con la correttezza professionale. Per cui parlare di svastiche riferendosi a fregi realizzati sulla pietra 150 anni fa, quindi decine d’anni prima della nascita del Nazismo e dell’adozione della croce uncinata come suo simbolo, accostandole all’aggettivo mazziniane perché il borgo fu costruito da Federico Rosazza, mazziniano, gran maestro venerabile della massoneria biellese e senatore del Regno d’Italia, è sbagliato e genera confusione in chi legge. Fossi io il direttore del ‘manifesto’ o l’autore del titolo chiederei scusa per lo svarione, ma dubito che ciò accada.