Con il quotidiano l’Unità in edicola. è tornato, si legge dalla pagina del primo numero, nientepopodimeno che Antonio Gramsci, e con lui, badate bene, “la sinistra ritrova la sua storia e la sua anima”, titolone a mezza pagina. Nonostante tanto fasto ll progetto editoriale non è chiarissimo. Antonio Gramsci ha fondato l’Unità nel 1924, ma nel 1921 a Livorno aveva fondato prima il partito comunista. L’Unità era solo l’organo politico di quel partito. Se si tratta di risalire il corso della storia della sinistra con la figura ed il pensiero di Gramsci, è il partito comunista a tornare protagonista, non un giornale. Questo per non dire che allora l’anima della sinistra verrebbe depositata proprio in quel partito da recuperare. Gramsci fu il segretario politico dal PCd’I dal 1924 al 1926, data del suo arresto che spianò la strada della segreteria a Togliatti. C’è un piccolo problemino nella storia della sinistra italiana che tanto varrebbe a questo punto affrontare, ovvero quello della spaccatura fra Gramsci e Togliatti segnata dal carcere rispetto al rifugio sicuro in Unione sovietica. Se la nuova Unità ricorda solo Gramsci vuole dire che ha abbandonato Togliatti. Togliatti lo sappiamo rigorosamente stalinista, ma anche che tornato in Italia si preoccupò’ sin dalla svolta di Salerno di trovare un’autonomia del partito comunista dall’influenza sovietica. Togliatti veniva infatti accusato di doppiezza. Obbediva a Stalin e voleva emanciparsene, avendo ben chiari i limiti dello stalinismo. Gramsci aveva una linea sola. La sua famosa critica alla burocratizzazione del partito incapace di essere cerniera delle esigenze reali della società, è una critica diretta al partito di Stalin. Per questa ragione Stalin considerava Gramsci la frangia del trotskismo in Italia e quando Mussolini volentieri glielo avrebbe mandato, non serviva un martire comunista a Mussolini, gli era bastato e avanzato Matteotti, Stalin si guardò bene dal prenderselo. Gli bastava Togliatti.
Una sinistra che ritrova la sua anima in Gramsci, si allontana dal fantasma staliniano, e meno male. Gramsci resta invece a tutti gli effetti un marxista leninista, per l’esattezza il principale interprete in Italia di questa dottrina, seppure mostrando una qualche duttilità. Dal momento in cui le prospettive della presa del potere da parte del proletariato sono offuscate dalla marcia su Roma, Gramsci rinuncia all’idea della dittatura per sostenere la tesi dell’egemonia culturale del suo partito. E questa è davvero un fenomeno nuovo. Se poi si guarda alla teoria dello Stato, Gramsci non si discosta in nulla dal principio leninista. Lo Stato è solo un complesso di “casematte” da occupare, più o meno come lo fu il Palazzo di Inverno a Pietroburgo nel novembre del 1917. Il pensiero di Marx è infatti privo di qualsiasi dottrina dello Stato, lo Stato si abbatte, semplicemente. Sarà interessantissimo capire come Piero Sansonetti cioè uno che fino a ieri era direttore di un quotidiano che si chiamava “Riformista”, affronterà ora tutta questa materia, dal momento che Gramsci è proprio il principale avversario del riformismo in Italia. Intanto, nel pacifismo di Sansonetti si è visto più Togliatti che Gramsci, infatti il pacifista all’epoca era Stalin. E’ vero che Sansonetti ama Aldo CapitIni, figura nobilissima, che però non si capisce cosa ci azzecchi con Gramsci e tutta la compagnia.
Purtroppo per Sansonetti con il suo ritorno a Gramsci, la destra gli sta un passo avanti. Il governo Meloni vuole occupare la Rai, esattamente come raccomandava Gramsci di prendersi le piazzeforti dello Stato. Un governo che già opera in deficit, il taglio del cuneo fiscale, fatica a recepire il Pnrr, per non dire che lo sta perdendo, pensa anche a mettere le mani sula Rai, di certo non promuoverà nessuna riforma dell’Azienda. Appena occupi la Rai non ti passa neanche per la testa di tagliarne le spese, anzi subito le aumenti. Si prevede una nuova redazione giornalistica in vaticano. Dispiace davvero per il buon Sansonetti. La sinistra recupera la sua anima? La destra già si è presa Gramsci mettendolo in pratica.