Se vogliamo trovare un esperto vero di affari russi in Italia, dobbiamo tornare al generale del regio esercito Francesco Saverio Grazioli. Grazioli nel 1936 era stato spedito in Bielorussia dal governo Mussolini per osservare le manovre dell’Armata Rossa. Nel dicembre del 1942, quando la Germania aveva in corso l’attacco alla Russia e sembrava averla anche messa al tappeto, Grazioli inviava un promemoria al Duce in cui si definiva la Russia, “battuta ma non domata” e consigliava l’Asse di addivenire tramite l’alleato Giappone ad una pace separata di compromesso. Grazioli scriveva che la Russia non si sarebbe rassegnata a rinunciare “alle ricchissime terre europee che le armi della Germania e dei suoi alleati le hanno strappato”, in quanto queste costituivano “il naturale trampolino per riprendere quando che sia un’altra delle tradizionali marcie espansionistiche” caratteristiche della sua storia, ovvero quelle “verso gli stretti e verso il Mediterraneo”.
Nel 1942 emerge la profonda contraddizione delle finalità della guerra fra Hitler e Mussolini. Hitler voleva annientare la Russia a tutti i costi, tanto che avrebbe piuttosto e volentieri fatto la pace con gli inglesi. Mussolini riteneva impossibile l’accordo con le democrazie occidentali e voleva che si negoziasse la pace con la Russia con cui fra l’altro aveva sempre avuto ottimi rapporti. Non riuscì a convincere il Fuhrer delle sue intenzioni, non solo per l’ostinata determinazione di quello, ma proprio sulla base del rapporto Grazioli. Perché anche avesse ottenuto la pace separata, il Mediterraneo era spacciato, visto che per i russi restava un obiettivo primario. Ammesso che si fosse riusciti a fermare gli anglo americani in Africa, non si sarebbe poi potuto fermare i russi, qualsiasi pezzo di carta Stalin avesse firmato. Mussolini si convinse che la guerra era persa in ogni caso e che fosse dunque inutile peggiorare i rapporti con Hitler già ridotti al minimo, criticandogli la sua scelta di guerra ad est.
Le “terre fertilissime” descritte da Grazioli erano, ovviamente quelle dell’Ucraina conquistate dai tedeschi pressoché immediatamente. A differenza di Putin, Hitler aveva in Ucraina sufficienti sostenitori per instaurare un governo fantoccio, dopo una manovra di accerchiamento dell’esercito russo che gli consentì di entrare a Kyiv in trenta giorni esatti.
Tali precedenti sono alla base della situazione di oggi sia sotto il profilo politico che quello militare. L’Unione sovietica rispondeva alle stesse esigenze di approvvigionamento dell’impero zarista, le stesse di cui bisogna la Russia di oggi, più debole dell’Urss di allora. Questo significa che l’Ucraina è solo il primo passo e la strategia di minacce di Putin rivolte all’Europa, dovrebbe essere oramai chiarissima a tutti. La Turchia che aveva fino a questo momento rapporti eccellenti con la Russia è la più preoccupata perché ricorda meglio di chiunque altro a sue spese l’espansionismo zarista e solo l’ingresso nella Nato l’ha preservata da quello sovietico. Il governo italiano ha fatto benissimo a stringere i suoi legami con quello turco. È davvero giunto il momento di non avere più indugi e dubbi sul nostro dovere di europei nel sostenere gli sforzi ucraini, e non per buon cuore nei loro confronti, che pure lo meriterebbero, ma per la necessità di difesa del Mediterraneo che è la prima area a trovarsi esposta, mai i russi conquistassero il mar Nero.
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