Il voto in Spagna è avvenuto giusto in occasione degli ottant’anni della caduta del fascismo imploso per una congiura di palazzo e dileguatosi come neve al sole. Mussolini che si reca dal re dopo la seduta del Gran Consiglio convinto che non sia successo niente e portato via dai carabinieri su un’autoambulanza, assume tratti talmente grotteschi che alcuni storici si sono chiesti se mai vi fosse una qualche intesa fra casa Savoia ed il duce. Se sì, non se ne è mai saputo niente, il finale del fascismo è farsesco con il voto di un organismo, il Gran consiglio, che in vent’anni non aveva mai contato niente e le due bombe a mano nelle tasche della giubba di Dino Grandi. Qual era il piano politico dei congiurati? Mica si capisce. Sembra principalmente quello di togliere il disturbo con un fuggi fuggi generale. Il fascismo finisce allora con un tonfo netto. Quello riesumato a Salò è un’altra storia, interamente dipendente dalle sorti della guerra tedesca. Il fascismo, formidabile fenomeno di rigenerazione nazionale era diventato una specificità delle vicende interne alla Germania. Ma i tedeschi non erano fascisti, erano degli invasati e questo era il giudizio dello stesso Mussolini prima di decidere di allearvisi.
Che l’Europa democraticizzata del secondo dopo guerra possa mai riaffidarsi a forze politiche di quella schiatta è cosa piuttosto improbabile, soprattutto in Spagna dove pure il fascismo assunse un profilo politico più prudente e disincantato e nonostante riuscisse a durare più a lungo, finì lo stesso. Ogni paese europeo può poi avere tratti bizzarri di esasperazione reazionaria, l’Italia ne ha avuto di tragici nella stagione delle stragi, e c’è una lunga tradizione beghina dai tempi del Congresso di Vienna. Che poi possa prevalere una forma di neo autoritarismo, ci ha provato Conte con i suoi Dpcm, è comunque cosa difficile per il percorso compiuto come comunità europea. Il voto spagnolo è esemplare a proposito, il partito popolare ed il partito socialista sono espressioni tradizionali delle grandi famiglie democratiche del nostro continente, rispetto alle quali la formazione Vox è completamente insignificante e destinata a restare tale. Anche solo pensare che l’onorevole Meloni sia il frutto di un qualche rigurgito nero depositato nel fondo della società italiana sarebbe un’analisi approssimativa. L’onorevole Meloni esprime il rigetto di un compromesso al ribasso fra forze politiche che si erano osteggiate frontalmente per poi governare malamente o peggio, il paese. Quando quelle hanno fatto uno sforzo supremo per ricomporre un’unità nazionale affidandosi finalmente ad una personalità di prestigio ed autorevolezza, intimamente repubblicana, quale Mario Draghi, non hanno saputo portare a termine quell’impresa. Al contrario, si sono spaventate. A quel punto gli italiani hanno premiato con il voto una posizione minoritaria di coerenza. Se questa fiducia si dimostrerà mai riposta voteranno altrimenti. Nessuna onda nera da fermare, nemmeno in Italia.
Uno studioso esperto di questioni del ‘900 come era Ernst Nolte, riteneva il fascismo configurato nella sua epoca tra gli anni venti e quaranta di quel secolo e per quanto profondamente connesso alla storia dei paesi in cui si è proposto, escludeva potesse mai riprodursi se slegato dai suoi interpreti principali, Mussolini e Hitler. Anche nel caso in cui avessero vinto la guerra, morti i due dittatori, quel sistema sarebbe crollato esattamente come avvenne con Franco, che la guerra pure non la fece. Ciò non significa che le democrazie dispongano davanti a loro di un tempo infinito, soprattutto in Europa, dove sono relativamente giovani, possono incontrare minacce diverse sul loro cammino e pure davvero pericolose. Quella russa ad esempio che ancora non si prende perfettamente sul serio, come se la Russia non avesse mai puntato gli occhi ad occidente. Si conosce male la storia dell’Europa e per nulla quella della Russia e ci si preoccupa di Vox.
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