In soli 5 giorni l’esercito ucraino ha riconquistato più territorio di quanto le truppe russe abbiano occupato in totale da aprile. Lo sostiene il think tank americano Isw, l’Istituto di studi di guerra, secondo cui “la liberazione di Izyum sarebbe il risultato militare ucraino più significativo dalla vittoria nella battaglia di Kiev a marzo”. Dal che si può dedurre abbastanza serenamente che anche l’avanzata pianificata dalla Russia nel Donbass da nord è miseramente fallita. Per chi non è direttamente sul campo contano le immagini di battaglioni di carri abbandonati intatti. O erano privi di munizioni, o non disponevano dei rifornimenti necessari alla ritirata, o quello che sarebbe peggio per i russi gli uomini sono più importanti dei mezzi e dovevano essere evacuati. Il che confermerebbe appunto la disperata necessità di rimpiazzi che Mosca non è in grado di assicurare alla sua operazione. Per la verità sin dal primo momento, l’idea di concentrare 200 mila soldati per assoggettare l’intera Ucraina, quando nel 1969 l’Unione sovietica ne mosse 500 mila per la Cecoslovacchia, grande la metà e con un terzo della popolazione rispetto all’Ucraina, ci era parsa avventata. Peggio le cose sono andate sul piano tattico e logistico militare con il risultato certo che a Putin non rimanga che l’energia come ricatto nei confronti del mondo occidentale, ricatto che si rivela a questo punto un po’ debole. Di guerra nucleare non parla più nessuno, forse qualche sciroccato, perché nessuno minaccia la federazione russa, la federazione russa farebbe prima e meglio a ritirarsi.
Questo accadrebbe se al Cremlino disponessero di una qualche capacità logica, ma è evidente che tutta la loro preparazione ventennale iniziata dalla guerra di sterminino in Cecenia, ne è affatto priva. Questo giornale può vantare di essere stato l’unico insieme a Radio radicale a denunciare quotidianamente i misfatti ignobili commessi da Putin in quella Regione. La grande stampa occidentale preferiva ignorare gli avvenimenti insieme ai nostri governi, quello statunitense in testa. La ragione era che si sperava che la Russia si fosse stabilizzata rapidamente e che Putin era considerato un uomo fidato, costretto ad imporsi con la violenza su una popolazione restia e legata al passato. Ci porteremo nella tomba il dubbio che se mai l’Occidente fosse stato capace per lo meno di fermare le violenze sui mussulmani in Cecenia, dopo non essere riuscito a fermare quelle sui mussulmani in Bosnia, la storia del nuovo millennio sarebbe stata diversa.
L’unica cosa certa è che il credito concesso a Putin si è finalmente esaurito e nessuno potrà più dargliene dell’altro nemmeno volendo. Leggiamo articoli interessantissimi in queste settimane sui dissapori fra le presidenze Obama e Biden e persino dei dispetti fra i loro staff. In effetti c’è una discrepanza fondamentale fra i due presidenti democratici. Biden non ha consentito a Putin, quello che Obama gli consentì in Crimea. E questo è un merito di Biden ed un demerito catastrofico di Obama.
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