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Meglio mangiare spaghetti e salsicce che affamare un popolo

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
17 Giugno 2022
in L'editoriale
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Che gli italiani mangino spaghetti, i francesi rane ed anche lumache se proprio vogliamo essere precisi, mentre  i tedeschi salsicce, è storia alimentare abbastanza assodata. Quanto al tornare a casa ubriachi dopo un banchetto è plausibile per quasi ogni popolazione, non necessariamente europea. Nel mondo ci si ubriaca senza bisogno di mangiare. È falsa e lo è completamente invece la diceria che i russi mangiassero i bambini. I russi mangiano caviale, storione, fagiani. Basta leggere Tolstoj per saperlo. I bambini li mangiavano gli ucraini, le madri in particolare.  C’era un’isola in Siberia sul fiume Nazino dove si era eretto un penitenziario per ospitare proprio coloro che avevano commesso il crimine di cannibalismo e i suoi ospiti erano principalmente donne ucraine. La storia è dolorosa ma documentata. I russi accusarono gli ucraini che si opponevano alla collettivizzazione delle fattorie iniziata dal 1922, di essere dei kulaki, contadini ricchi.

 I kulaki vennero messi all’indice dello Stato socialista. Gli si sequestrava loro il grano, gli si bruciava, la casa, li si picchiava,  li si lasciava la notte d’inverno nudi per strada. Tutti una volta che posseduto un pezzo di terra lo difendevano come una loro proprietà, venivano considerati kulaki e quindi nemici del popolo sovietico e in quanto tali suscettibili di questo trattamento. Furono colpiti interi distretti nella regione perché la collettivizzazione fu in pratica rifiutata da otto contadini su 10. Quelli che sopravvivevano iniziavano a nutrirsi di cadaveri, in particolare dei bambini che morivano per prima, le carcasse si trovavano facilmente per strada. Ma in alcuni casi disgraziati le madri uccidevano i loro stessi figli destinati a morire e se ne nutrivano. I vicini sentivano le urla, prima dei bimbi, poi delle madri chiamavano la polizia che arrestava le donne e istruiva il caso. Fu così fino al 1935. Allora le aspettative medie di vita di un bambino, quelli che pure dovrebbero essere felici sotto la dittatura, erano di cinque anni esatti.

Occorse la caduta dell’Unione sovietica per poter ritrovare le fonti e la documentazione sufficiente per eventi riportati fino a quel momento soltanto da coloro che erano stati detenuti a Nazino. Questa storia alimentare non è comune a nessun’ altra nazione al mondo è unicamente ucraina e lo è per la semplice ragione che la politica staliniana scelse di sequestrare il grano in Ucraina, rivenderlo e di ridurre alla fame la popolazione.

Quanto iniziato cento anni fa, si sta ripetendo oggi, ancora più crudelmente perché a contrario di Putin il partito bolscevico contava in Ucraina su affiliazioni importanti nella popolazione il che risparmiò molte potenziali vittime. Non bisogna quindi stupirsi se vi sono Ucraini che preferiscono i nazisti ai russi. I nazisti nel caso peggiore ti ammazzavano sul posto direttamente, il che era un netto miglioramento rispetto alla politica staliniana tenuta per ben 12 anni. Nel 1935 l’Ucraina con una stima probabile di dieci milioni fra morti e deportati era stata normalizzata. Sono dieci milioni, probabilmente anche di più, i morti e i deportati che servirebbero a Putin oggi per far tornare russo il paese.

Un raffinato intellettuale come Claudio Magris, profondo conoscitore delle dinamiche psicologiche dell’Europa, scriveva pochi giorni fa sul Corriere della Sera, di come fosse palpabile il timore della guerra nella nostra popolazione occidentale viziata dai suoi decenni di sicurezza. Questa nostra paura è la sola vera forza di Putin. Si tratterà solo di capire se la paura dell’occidente avrà il sopravvento consentendogli di allungare il braccio molto oltre alla sua portata o se invece il senso di dignità che la nostra civilizzazione ha sviluppato dal secondo dopoguerra, riuscirà nonostante tutto, a prevalere.  In questo caso, costi quello che costi, impediremo che si consumi un nuovo misfatto criminale russo alle porte di casa nostra.

Foto CC0

Tags: magrisrane
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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