Quali che possano essere stati i lati controversi di una personalità e dell’operato di Enrico Mattei, ad avercene di italiani così. Fu un combattente partigiano coraggioso e brillante dal 1943 al 1945, tanto da meritare di guidare la sfilata delle forze della Resistenza del sei maggio a Milano con Longo e Parri. E anche se il suo antifascismo sbocciò piuttosto tardi, questo si rivelò cruciale nella lotta ai nazisti in Italia ed ai loro manutengoli della repubblica di Salò. Poi Mattei comprese più di tutti i suoi amici cattolici la necessità dell’approvvigionamento energetico e dell’indipendenza italiana da raggiungere in questo campo. Per questo Mattei era scomodo alla classe politica democratica. Fissato un obiettivo non si fermava davanti a niente. Possedeva una volontà davvero formidabile.
Fa sempre piacere un presidente del Consiglio attento a ricordare la figura di Mattei, il 27 ottobre era l’anniversario della nascita e sarebbe stato opportuno che il suo partito originario fosse più generoso di quanto si mostrò negli anni, soprattutto dopo il referendum sul nucleare. Mattei era importuno anche per la Dc. Ragione di cercare di seguire qualche esempio concreto dell’opera di Mattei, di riprenderne almeno lo spirito. Mattei non fece un piano per il rilancio del continente nero. Sapeva bene quanto fosse difficile anche solo attrezzare un paese come il nostro nelle condizioni drammatiche del secondo dopo guerra. La sua area di azione in Africa fu limitata al Mediterraneo, ed anche le sole relazioni con l’Algeria piuttosto complesse. Se è giusto in linea di massima usare Mattei per avanzare un’idea di sviluppo comune, sicuramente l’aveva, bisogna pur tenere a mente questa sua precisa preoccupazione per la debolezza italiana posta alla base del suo operato. Era sua la parabola del gattino a cui basta una zampata per farlo volare via. Mattei non aveva il tarlo di diventare un modello per l’universo mondo e concentrava i suoi sforzi nel medio oriente. Ed era già titanico.
Poi bisogna aver presente che l’epoca di Mattei era molto diversa dalla nostra, basta pensare all’Iran dello scià, non degli orfani di Khomeini. Quello che Mattei poteva fare per infastidire il monopolio occidentale del petrolio, era pur sempre compensato dalle relazioni con un paese allora saldamente alleato degli Stati Uniti. Il Mattei sovversivo, “rosso”, per le sue aperture all’Unione sovietica, era puramente un pretesto. Con tutti i nemici che aveva c’era sempre chi disposto a screditarlo. In verità Mattei era più equilibrato di quanto lo si volesse far credere. Che la politica estera italiana venisse condizionata da una strategia volta allo sviluppo economico del paese, era fin troppo ovvio e da qui anche la disinvoltura di Mattei nei confronti dei partiti. Lo stesso Ugo La Malfa ebbe ragioni di polemica, il che non toglie nulla alla considerazione per Mattei.
Se si dovesse trovare un dato davvero unico ed in controtendenza, era questa suprema indifferenza di Mattei verso i partiti. Nessuno era più libero di lui nelle sue scelte e anche più originale. Di tutto Mattei poteva preoccuparsi, tranne degli schieramenti di appartenenza. Per questo fa un certo effetto oggi tanta rinomanza di Mattei presso un governo, dove, se qualcuno non appartiene alla parrocchietta, viene costretto a mollare e senza tanti riguardi, come Spano. A conti fatti, Mattei si sarebbe tenuto più facilmente Spano, uno competente, che un Giuli, che quando apre bocca non si capisce se sa di cosa parli.
Fondazione Enrico Mattei di Matelica