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Il livello politico a cui è precipitata la nazione

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
12 Ottobre 2022
in L'editoriale
1
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Per capire il livello politico a cui è precipitata la nazione basta pensare ad una delle principali proposte della passata legislatura, la riduzione del numero dei parlamentari. Senza minimante preoccuparsi del perché la Costituzione repubblicana fissasse una cifra determinata dei rappresentanti del popolo si è deciso di tagliarla in nome del risparmio per lo Stato. Invece di procedere con una legge ordinaria e stabilire un tetto al ribasso dello stipendio dei parlamentari, nulla impedisce di dimezzarlo, si è fatta una riforma costituzionale che investisse gli eletti. La forza politica che ha appena alzato la bandiera della difesa della Costituzione, fece le barricate in aula? No, si è accodata e così le destre. Tutto questo ignorando le implicazioni che una simile riforma avrebbe avuto sulla legge elettorale. Se qualcuno di codesti signori mai avesse avuto un qualche grano di sale in testa si sarebbe per lo meno attivato a riscriverla. Figurarsi. Il risultato di tutta questa vicenda è che a dieci giorni dal voto nemmeno si sapevano i nomi dei nuovi parlamentari. Poi ti indigni che davanti a simili politici chiami i tecnici a guidare il governo.

Un fiero combattente per i diritti civili degli afroamericani quale fu John Lewis diceva che il voto era l’unico strumento messo a disposizione per farli rispettare. Non il voto con una legge elettorale proporzionale, piuttosto che maggioritaria, non il voto con il “Mattarellum”, piuttosto che il “Rosatellum”, il voto e basta. La democrazia è libere elezioni. La legge elettorale che un paese decide di darsi dovrebbe invece dipendere dalle priorità costituzionali di questo paese. L’Italia nella sua costituzione non ritiene prioritaria la stabilità del governo, dovrebbe essere ovvio dalle dinamiche di crisi che si sono conosciute per tutto il secondo dopoguerra, mentre privilegiava la rappresentanza. La Germania, invece, ritiene prioritario il governo e ha nella sua costituzione la sfiducia costruttiva. La Francia ha fatto una riforma costituzionale all’inizio degli anni ’60 del secolo scorso e introdotto il sistema semipresidenziale. Tutti diversi modelli di democrazia, come quello britannico dove i liberali con il venti per cento eleggono 10 deputati e il Sinn Féin con lo 0,9 sei. L’Italia con il taglio dei parlamentari ha solo intaccato ulteriormente il sistema della rappresentanza stabilito dai vecchi partiti antifascisti, senza rinforzare i principi del governo, che resta formato in Parlamento. Le coalizioni sono un espediente tecnico, non implicano la formazione del governo, come si sarebbe già dovuto capire proprio dalla scorsa legislatura quando si sono visti governi variopinti di tutti i generi. Il detestabile “inciucio” è perfettamente costituzionale. Il centrosinistra degli anni ’60 fu un ottimo “inciucio”. Il  Parlamento nella nostra Costituzione è libero e sovrano, così come i suoi eletti risultano privi di vincoli di mandato.

Per questo non si capiscono le dichiarazioni dell’onorevole Letta e dell’onorevole Conte sui loro fermi propositi di dura opposizione. Per lo meno dovrebbero vedere il nuovo governo per decidere il tipo di opposizione e nemmeno dare per scontato che non possano partecipare al governo prima delle consultazioni del Capo dello Stato.  Ma mettiamo che si formi un governo che escluda, e ben a ragione, i partiti degli onorevoli Conte e Letta, questo governo come primo compito potrebbe decidere il contenimento delle bollette. Cosa faranno i geniali Conte e Letta, gli si opporranno? Per lo meno vorranno conoscere le misure che il governo propone, o, se non le propone, allora si, scendere in piazza con i tamburi. Poi chiediti perché hai perso le elezioni. Di questo passo hai già perso le prossime.

Tags: ConteLetta
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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Comments 1

  1. Piero Serra says:
    6 mesi ago

    Eccellente . Come al solito. Una lettura obbligata e una davvero elevata capacità di analisi e visione repubblicana

    Rispondi

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