Mai ci fosse stato un qualche equivoco interpretativo sull’editoriale della voce repubblicana di ieri, è meglio chiarire che non si commentava per nessuna ragione il caso Fazio. Su Fazio possiamo giusto esprimere un’opinione personale, per cui la risparmiamo. In vent’anni la voce repubblicana mai si è occupata di Fazio e del suo programma. Invece in occasione del caso Fazio la Voce repubblicana ha ricordato la posizione che il partito repubblicano espresse sulla Rai nel 1987 e che non è mai stata rimessa in discussione, ovvero quella per la quale la Rai dovesse fare una scelta fra servizio pubblico e televisione commerciale. Se si sceglie di fare il servizio pubblico ci si rimette ad una programmazione fondamentalmente legata al canone, per cui non si hanno tre distinti telegiornali su tre reti diverse. Semmai ci si limita ad uno soltanto e non si acquistano i diritti di un mondiale di calcio a cui nemmeno partecipa la nazionale italiana. Poi il servizio pubblico può anche essere in passivo, con tutti i debiti dello Stato ci mancherebbe che proprio la Rai dovesse produrre reddito. Allora deve essere privilegiata la linea culturale della programmazione su quella dell’intrattenimento. Se invece la Rai scegliesse l’intrattenimento e l’attività commerciale, benissimo, abolisca il canone. Per questo la voce repubblicana sarebbe volentieri d’accordo con l’onorevole Salvini quando dice che vuole abolirlo. C’è solo lui che lo dice. Purtroppo Salvini al governo con Conte prima e con l’onorevole Meloni adesso, lo dice senza farlo ed in entrambi i casi rappresenta il secondo partito della maggioranza, per cui l’onorevole Salvini farebbe miglior figura a tacere.
Sulla vicenda Fazio si può dire giusto che nessuno fuori dal Cda ha potuto visionare i conti, semplicemente perché la Rai non li fornisce per una sua singola trasmissione. A fronte dell’esorbitante stipendio del conduttore è sempre stata fatta filtrare la tesi che la trasmissione fosse in attivo di circa due milioni di euro l’anno. Per cui se l’Azienda stimava che Fazio avrebbe reso lo stesso attivo anche per i prossimi due decenni, Fazio bisognava imbalsamarlo alla sedia della sua trasmissione. Il che non significa affatto che l’Azienda non abbia il pieno diritto di provare altre strade ed altri investimenti, a costo di produrre minor reddito. Come una società di calcio che decide di far partire un fuoriclasse affermato per acquistare un giovane talento, o magari prenderne un altro più anziano a costi minori. Tutti affari di cui la Rai risponderà al suo azionista di riferimento, che è il Tesoro. Anche su questo la posizione della proposta di riforma del Pri sarebbe risultata cristallina, perché se la Rai fosse esentata dal canone, i partiti non avrebbero ragione di preoccuparsene, l’Azienda farebbe le sue scelte in piena autonomia fondate esclusivamente sui ricavi finanziari. Quello che però la voce repubblicana deve potere comunque discutere è semmai la qualità della trasmissione di Fazio, che non rientra nella categoria culturale come sostiene l’onorevole Letta. Paolo Mieli fa una trasmissione culturale, la Storia siamo noi, e la fa ogni giorno, giusta o sbagliata che sia, convinca o meno, non ospita nel suo studio la signora Littizzetto. Fazio fa intrattenimento. Il motivo per cui la voce non se ne è mai occupata e non ritiene di doversene occupare.
Va solo ricordato che c’era una Rai negli anni 50 e ’60 del secolo scorso che si poneva il problema dell’intrattenimento popolare e della cultura e che sapeva trovare soluzioni di un qualche interesse almeno fino al 1970. Era la Rai che la domenica in prima serata mandava in onda gli sceneggiati ed i drammi di Federico Zardi, i recital poetici di Carmelo Bene, L’Orlando furioso di Ronconi, il cinema inedito di autore, i classici letterari rivisti da Paolo Poli. Al posto di tutto questo abbiamo avuto Fazio per vent’anni, con la speranza di averci guadagnato. Si riproducessero domani anche solo “i grandi Camaleonti” di Zardi, l’unico progetto ricostruibile, con l’intento di lanciare come avvenne all’epoca i migliori attori del teatro italiano, avremmo un qualche ritrovato interesse culturale in Rai e magari pagato volentieri il canone. Per lo meno in attesa che l’onorevole Salvini lo abolisca.
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Mi sembra opportuno che siano chiare due questioni: il programma di Fazio ha sino ad ora prodotto saldi di flussi di cassa positivi. Ciò ha contribuito a rendere meno pesante il fardello “della tassa” del canone RAI che grava sugli italiani. Se la RAI non sarà in grado di sostituire Fazio con programmi che generano lo stesso saldo positivo dei flussi di cassa, la conseguenza, a parità di condizioni, sarà o un maggior deficit di Bilancio, o un aumento del canone. In entrambi i casi un costo aggiuntivo per i contribuenti. Con “questa” RAI quindi la questione economica è CENTRALE.
Per finire
La domanda che io porrei a Salvin sarebbe non quella che pone Bruno, ma questa: signor ministro, con quali diverse risorse finanziarie pensa di poter sostituire la perdita delle risorse RAI conseguenti l’auspicata eliminazione del canone?
Bisogna avere una grande fiducia nei bilanci della Rai che per carità abbiamo, solo che magari bisognerebbe anche ogni tanto visionarne qualcuno. Se l’amico Saverio Collura fosse nel Cda Rai, saremmo tutti più tranquilli. Mentre la domanda che pone Saverio che è corretta non va rivolta a Salvini, ma al direttore generale della Rai o al limite al ministro dell’Economia.