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Paradigma di un equivoco

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
23 Novembre 2024
in L'editoriale
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La ricorrenza della morte di John Fitzgerald Kennedy, 22 novembre 1963, Dallas, è il paradigma dell’incomprensione della politica americana nella Vecchia Europa e soprattutto in Italia. Basta pensare che nel 2001 si poteva leggere di chi asseriva pacificamente di essersi iscritto giovanissimo al partito comunista di Enrico Berlinguer per Kennedy. Eppure non c’è un anticomunista più radicale di JFK alla Casa Bianca in tutta l’epopea. Il padre di Kennedy, ambasciatore a Berlino era un ammiratore di Hitler e John, nel 1938 in vacanza in Spagna, lo è di Franco. Appena arrivato alla Casa Bianca, principalmente grazie alla fortuna del padre, manco a dirlo, realizzata negli anni del proibizionismo, si mise in testa di far fuori Castro. Decide di intervenire in Vietnam, e prende Crusciov per le corna a Cuba, pronto alla terza guerra mondiale. Ecco i tratti salienti della presidenza Kennedy a cui si lega il centrosinistra italiano. Dio solo sa cosa abbia saputo fare Ugo La Malfa per convincere l’amministrazione statunitense ad aprire al partito socialista, dopo che la Cia aveva appena eliminato Lumumba. Da notare che i documenti della Cia sull’omicidio Lumumba .evidenziano come Kennedy lo propose prima di entrare in carica, per non aggravare le sue responsabilità di presidente. Ovviamente in Kennedy c’è la lotta al segregazionismo, ma non perché il ragazzo abbia buon cuore, semplicemente, perché ha compreso che una nazione forte, all’altezza della sua determinazione personale, non può permettersi uno scontro interraziale con la parte più in crescita della popolazione.

Il carattere di Kennedy si mostra in tutta la sua forza nella lotta ai membri razzisti del partito democratico che riesce in breve tempo a mettere nell’angolo e la chiave per comprendere il suo omicidio si trova in questa soluzione. Lincoln viene ucciso per far finire la guerra di secessione, Kennedy perché finisce la discriminazione. Possono concorrere altri e diversi fattori, certo non fu Oswald con un fuciletto carcano a sparargli 4 colpi in cinque secondi da una finestrella. Tutti si stupirono e inorridirono della morte di Kennedy, quando semmai ci sarebbe più da stupirsi ed inorridire per la morte di Lee Oswald, avvenuta all’interno di un commissariato di polizia per mano di un rinomato mafioso.

Anche il mito di Kennedy è equivoco, trovi libri spazzatura che ti spiegano per filo e per segno come uccise Marylin Monroe, e film che lo incoronano come il più grande uomo della politica americana, che semmai fu Nixon. Nixon fece finire 11 anni dopo la guerra del Vietnam che iniziò Kennedy avventurosamente e proseguì Johnson disastrosamente, con una vittoria onorevole. Al che si confermò per un secondo mandato con il 60 per cento di preferenze, non con l’incollatura discussa con cui vinse Kennedy. Nixon sarà ucciso politicamente con il Watergate, era divenuto troppo potente e chi se ne sbatte del sud est asiatico. Kennedy non ebbe mai la potenza di Nixon, e tanto Nixon era presente nella sensibilità popolare della nazione, tanto Kennedy incarnava le élites, peggio, un intero regno, la Camelot americana. Anche questo, in un paese di forte passione repubblicana, non lo ha aiutato.

Kennedy non ha avuto eredi nelle presidenze democratiche. Carter fu un ectoplasma di presidenza e Clinton lo imitò solo per i successi femminili, Obama fu l’anti Kennedy, il contrappasso per l’eguaglianza. Obama riteneva di dover riscattare l’onore americano disperso dalla presidenza Bush e iniziò un ritiro precipitoso da tutti gli impegni presidenziali presi, convinto da un senso di colpa per politiche sbagliate altrui. Fu un disastro tale da aver messo in crisi l’intero medio oriente senza costrutto, vi mandò a morire stupidamente il suo miglior stratega, Stevens, e non si riprese. Soprattutto non reagì a Putin sottovalutandolo, che invece comprese subito l’opportunità davanti ad un’ America rattrappita e indecisa come quella di Obama. Biden ha dovuto risalire una china profondissima, dato che il solo miglioramento avvenuto, lo ebbe dalla scelta di Trump di fermare il nucleare iraniano trattato da Obama. Senza Trump, l’Iran oggi sarebbe ad un passo dall’atomica.

Altri giornalisti accreditati si chiedono cosa ci sia nella testa di Biden che a fine mandato decide di far sparare i missili sulla Russia, che Kennedy avrebbe colpito dal primo giorno. E pure Biden si è spinto molto oltre alla versione democratica presidenziale dove, in effetti, anche per Kennedy, l’Ucraina è semplicemente una regione della Russia, di nessuna rilevanza strategica. Biden infatti voleva che Zelensky semplicemente se ne andasse. Se oggi cambia strategia è perché la Casa Bianca non risponde più alla tradizione democratica precedente, Biden fu vice di Obama, ma all’amministrazione subentrante. Eisenhower mai avrebbe fatto fuori Lumumba, idee simili venivano solo a Robert, Bobby. E anche questo non si capisce in Italia. Un presidente statunitense, per quanto sia avversario di un altro, gli resta comunque più vicino di quanto mai possa esserlo a un qualsiasi autocrate russo.

licenza Pixabay

Tags: KennedyLincoln
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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