La rivista The Insider, ha appena pubblicato lo studio dello specialista russo Pavel Luzin secondo il quale Mosca al ritmo di 40 – 60 mila proiettili sparati al giorno esaurirà le sue scorte per artiglieria e veicoli corazzati entro la fine dell’anno. Anche se stanno acquistandone a milioni dalla Corea del Nord, non è detto che sia un affare. Già quelli russi sono disfunzionanti, vai a sapere come sono quelli nord coreani. Questo è principalmente dovuto al ruolo delle sanzioni occidentali che ha impedito la produzione interna di armi in quantità adeguate a ricostituire le scorte. L’industria bellica russa da almeno il 2010 ha acquistato tecnologia da Germania, Austria e Svizzera, paesi che oggi rifiutano di aggiornarla condannando al declino il suo arsenale. Se invece guardiamo ai missili, questi sono usati in modo terroristico e contro le città ucraine, il che dimostra come non ne dispongano di precisione a lungo raggio, ovvero non quelli di cui usufruisce Kyiv grazie agli armamenti statunitensi. La notizia dell’intelligence britannica che la flotta russa si sta ritirando da Sebastopoli, confermerebbe che oramai la Crimea non sia più sicura, considerando anche il tasso di perdite subite in quello scomparto, l’incrociatore Moskva affondato ed era considerato l’eccellenza.
Tralasciamo lo stato dell’aviazione che ha giù dimostrato di non poter consentire una campagna d’attacco su vasta scala. Questo quadro che è quello che viene confermato dall’avanzata ucraina nel Donbass, tale da aver recuperato 60 mila chilometri quadrati di territori in dieci giorni appare incredibile in confronto alle spese militari che il governo Russo ha compiuto negli anni. Miliardi di dollari gettati al vento, perché il punto nodale è la corruzione sistematica dei vertici dell’esercito contro la quale Putin non è riuscito a fare nulla. Per cui al Cremlino sanno perfettamente quanti soldi sono stati impiegati ma non potevano sapere come lo erano stati, fino a quando non hanno visto i risultati sul campo. Catastrofici. Il peggiore sicuramente nel settore carri, dove si sono spese cifre da capogiro per dei prototipi non ancora funzionali, mentre si è trascurato di ammodernare mezzi obsoleti che vengono abbandonati perché inutilizzabili.
L’arsenale appariva cospicuo e i russi che sono stati dal novembre scorso ad ammassare mezzi alla frontiera, agli amici ed alleati hanno chiesto aiuti sussidiari. Ai cinesi, scarpe e pneumatici. Le scarpe si scollano ai piedi dei soldati in poche settimane e i pneumatici scoppiano in pochi giorni sotto il peso dei blindati. Nel nostro piccolo la qualità dei prodotti cinesi la conosciamo anche noi. Ma il vero nodo di questa vicenda che non fosse una tragedia di proporzioni internazionali, assumerebbe i toni della barzelletta, sono gli uomini. La Russia non ne ha più da impiegarne. L’armata rifiuta le cifre di morti delle fonti ucraine. È costretta comunque ad ammetterne almeno venti mila, in cinque mesi di guerra. Solo le immunità da pagare alle famiglie dei caduti sono un disastro. Poi non ci sono rimpiazzi soprattutto per i corpi di élite che sono stati i più colpiti. Tanto che ci si è affidati alle brigate cecene di Kadyrov. Meglio motivate dei contadini reclutati nella steppa siberiana, consentono al loro comandante di minacciare direttamente il Cremlino. Il nemico è di fronte, alle spalle e anche al proprio fianco.
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