Il parlamento della Repubblica ha autorizzato la partecipazione dell’Italia alla prima missione militare europea che si prevede della durata di un anno nelle acque del mar Rosso. La marina militare italiana aveva già operato con successo nel golfo Persico dal 1986 al 1988, in una missione che pure includeva la Gran Bretagna. Questo precedente, per quanto comunque complesso, si registrò un attacco dei pasdaran iraniani ad una delle imbarcazioni italiane, era un’operazione completamente diversa. Si svolgeva, infatti, alla fine di un lungo conflitto ed in un quadro internazionale che tendeva a normalizzarsi su quel fronte. Lo scenario mediorientale di oggi appare ancora indefinito e le parole del ministro Tajani in Aula non sono state sufficientemente esaurienti per quella che può essere la prospettiva a cui si va incontro. La missione europea non prevede e non contempla l’ipotesi che la guerra sia prossima a scoppiare, invece che a concludersi.
Sarebbe stato utile sapere dal ministro l’effetto dell’intervento anglo americano che ha preceduto la missione europea con caratteristiche diverse. Gli anglo americani sono intervenuti contro le postazioni dei ribelli huti con modalità che la missione europea esclude. L’azione anglo americana è stata sufficiente per limitare i rischi a cui va incontro la missione europea, oppure non si è in grado di fare alcuna valutazione a riguardo? E nel caso che la missione anglo americana si sia mostrata efficace, si esclude la possibilità che i ribelli si riforniscano ulteriormente per ritornare ad un’offensiva tale da imporre un ulteriore intervento al suolo? Purtroppo il ministro non ha spiegato se vi sia una connessione tra le due missioni, per cui questa dipenda da quella, o, se invece, le due missioni non hanno nessun punto di contatto ed i risultati della prima non incidono sullo svolgimento della seconda.
In quest’ultimo caso la linea puramente difensiva non potrebbe essere sufficiente ad evitare che le navi europee si trasformino in un bersaglio, perché come si fa a non prevedere di dover colpire postazioni missilistiche che ti sparano contro? Varrebbe la pena di studiare la situazione nel mar Nero, dove le navi russe affondano regolarmente nonostante i pesanti bombardamenti compiuti contro le linee ucraine e lo spazio delle acque interessato, non solo è più ampio di quello in cui opererà la marina europea, ma offre anche migliori protezioni naturali. Per quanto convinti che la marina europea sia molto più capace di quella russa, e subito la nave italiana ha neutralizzato i droni lanciatole contro, la minaccia è notevole, anche se il ministro degli Esteri non sembra accorgersene.
La storia della marina militare europea del secolo scorso è piuttosto controversa. L’unica ad avere avuto successi costanti è stata, come tradizione, quella britannica che ha appena svolto la sua missione. Quella italiana posta alla guida tattica ha spesso mostrato molto valore ma scarsi mezzi a disposizione, quella francese è famosa per essersi autoaffondata e quella tedesca ha avuto successi nel campo sommergibilistico. Di quella greca, che ha il comando strategico, non si sa niente dai tempi di Temistocle. Un nano militare come l’Europa, dove i generali sono cosciuti per le loro opinioni sull’universo mondo, va incontro a delle milizie che combattono ogni maledetto giorno da quasi vent’anni. Può darsi che gli huti siano una tigre di paglia, o che siano stati impagliati dai bombardamenti anglo americani. Altrimenti, bene, siamo partiti finalmente con un contingente unitario per svolgere qualcosa di utile ed importante per la comunità internazionale. Evviva. Purtroppo lo avremmo fatto sul piede sbagliato e questo potrebbe rivelarsi molto scoraggiante.
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