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Se l’Occidente farà sul serio, Mosca diventerà una piscina

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
8 Luglio 2022
in L'editoriale
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Ad un cittadino russo, che ha visto in vent’anni lo stesso governo massacrare il popolo ceceno, assassinare i giornalisti scomodi, incarcerare i dissenzienti, costringere all’espatrio gli oppositori, bombardare gli osseti, arraffare la Crimea, eliminare gli oligarchi che alzano la testa con tutte le loro famiglie e infine seppellire sotto le macerie gli ucraini, fa ridere un premier dimessosi perché un suo viceministro avrebbe palpato qualche collaboratore. Si spiega bene l’idea di decadenza dell’occidente propagata dai tempi di Solgenitsin estimatore politico di Putin. L’idea che un governo possa essere espressione di una qualche volontà popolare così fragile e mutevole, senza il saldo  sostegno di una fede religiosa di qualche tipo, disgustava l’autore de L’arcipelago Gulag. Solgenitsin non  aveva riconoscenza alcuna per  l’ospitalità americana, egli era una celebrità, l’America doveva essergli grata.  E quando rimise piede in occidente fu solo per rendere omaggio alla rivolta vandeana, cioè a coloro che disprezzavano i principi della rivoluzione americana diffusasi in Francia. Poco importava che Putin fosse solo uno sgherro del Kgb, ovvero un membro dell’organizzazione di carnefici che pure Solgenitsin lo aveva sbattuto in Siberia. La Chiesa ortodossa crede nella rigenerazione e una volta che Putin baciava la stola del vescovo di Cristo, tutto gli era perdonato. Solgenitsin non aveva un problema con il bolscevismo, ne aveva uno con l’ateismo, il capitalismo, il mercantilismo e in nome di Dio non si commette mai peccato. La società occidentale preda dell’egotismo stendhaliano, con i suoi dubbi ed i suoi passi falsi, poteva essere tranquillamente spazzata via.

È un peccato per il Cremlino che Solgenitsin sia morto e sepolto. Putin ha perso il maggiore intellettuale di regime e tanti saluti al culto del dissenso. Meglio quello della personalità. Gli resta Medvedev a vantarlo.

Putin ha quindi ottime ragioni per mostrarsi spavaldo dopo la crisi del governo britannico. Johnson era l’avversario più determinato che si era trovato di fronte in questi mesi.  Vai a sapere se i tory piuttosto che il partygate, gli rimproverassero il sostegno militare agli ucraini. E soprattutto, vai a sapere se un leader dimezzato sia ancora in grado di opporglisi con tanta veemenza.

Putin commette un solo errore, sopravvaluta i  miseri risultati conseguiti sul campo senza un impegno diretto delle forze occidentali. La grande potenza russa, dopo 4 mesi è riuscita a conquistare qualche paesello del Donbass piegando le sole forze ucraine, contadini ed elettricisti, insomma. Non è proprio lusinghiero per chi detiene l’eredità della gloriosa Armata rossa. Non fosse che l’Armata rossa fece si scappare i contadini cosacchi nel 1919 in pochi minuti, ma per il resto l’esercito russo non ha mai vinto francesi e tedeschi se non grazie all’inverno. Quando entrò a Berlino, dove alcuni deputati della Duma chiedono di tornare, trovò vecchi e bambini male armati, perché le principali forze tedesche si erano concentrate contro gli americani. Quando entrò a Parigi, lo stesso.  I prussiani e gli inglesi sconfissero Bonaparte, mai Kutuzov, famoso per le sue ritirate, il miglior generale russo della storia, immortalato dal conte Tolstoy era comandante ad Austerlitz.

Per carità è possibilissimo che i russi ancora non abbiano fatto sul serio, non fosse che l’occidente ancora non si è nemmeno mosso. Le democrazia a contrario delle dittature sono riluttanti alle guerra, questo Putin non si capisce se lo sappia o meno. Perché se mai l’Occidente farà sul serio, Mosca diverrà una piscina. Solo con l’acqua si potrà riempire il buco che l’avrà inghiottita.

Foto Mylene 2401

Tags: piscinaPutin
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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