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Settantacinque anni nella Nato

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
7 Aprile 2024
in L'editoriale
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“Faccio la guerra perché ottengo la pace”, Eugenio de Beauharnais

Quello che si può dire con una certa tranquillità, sapendo di non poter essere smentiti, è che l’Italia nella Nato, ha goduto di un periodo unico di pace in tutta la sua storia patria. Anche quando l’Italia era considerata solo un’espressione geografica, per dirla con il principe di Metternich, settantacinque anni interi, senza un qualche insignificante conflitto locale, non li aveva mai conosciuti. Quando invece si è trovata unificata nazionalmente, l’Italia combattette due guerre mondiali successivamente, insieme ad una in Abissinia, una in Libia, un’atra in Spagna. Questo dal 1895 al 1936, un arco di quarant’anni. L’intera Europa, in tutta la sua storia ed in ogni secolo trascorso, non ha conosciuto un periodo di pace più lungo di quello imposto dalla Nato. E nonostante ci sia oggi una guerra in corso ai confini dell’Europa, i popoli dei paesi della Nato ancora non la patiscono questa guerra. La Finlandia e la Svezia, hanno rotto la loro neutralità per aderire alla Nato confidando di esserne preservate, dal momento che l’Ucraina che non è nella Nato, viene dilaniata ogni giorno. La Georgia, la Moldavia, l’Armenia vorrebbero entrare nella Nato, la Georgia addirittura dal 2008 e la Nato non lo ha consentito. Ironia della sorte, non voleva complicazioni con la Russia, tanto che a questo punto c’è da credere che anche la Georgia entrerà presto nella Nato.

La tesi opposta sostiene che la Nato, all’indomani della caduta del muro di Berlino, sarebbe diventata obsoleta. Mantenerla, una provocazione, se non addirittura una minaccia per la Russia. Premesso che è la stessa tesi che si recitava anche quando il muro di Berlino stava in piedi, la Russia, grande e grossa com’è si è sempre sentita minacciata da tutti. Dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Persia, dai Turchi, persino dal Giappone. La Cina non la minacciava e pure i russi hanno cercato di occupare pure la Cina. L’Afghanistan era una minaccia per la Russia con i suoi studenti e pecorai. Ora è vero che la Svezia e la Polonia a lungo minacciarono la Russia ma la politica di minaccia era reciproca,, tanto che per garantirsi i confini ad est il re polacco Ladislao, che sconfisse i russi nel 1610, impose una dinastia imparentata con tutte le corti occidentali. La più grande sovrana russa, fu la tedesca Caterina. Caterina fece più o meno guerre a tutti tranne ai suoi cugini tedeschi ed austriaci e ai suoi alleati inglesi, cugini dei cugini. Un vincolo del sangue durato per lo meno altri sessant’anni, poi non fu più sufficiente. La Russia per amore dei parenti di occidente, scese in guerra con gli estranei in oriente e li parenti occidentali si schierarono tutti con i mussulmani pur di evitare un’avanzata dei cugini russi nel mediterraneo. In Russia ci rimasero parecchio male, Ignorarono i vincoli di parentela e i parenti fecero saltare lo zar. Il bolscevismo in Russia diede un po’ di tregua all’Europa germanica e nonostante le divergenze ideologiche, e senza più legami di sangue, tedeschi e russi trovarono nuovamente un’intesa. Qui bisogna pur ammetterlo, non fu colpa dei russi se quella venne meno. I nazisti erano ammirati dai russi. Solo che bisogna anche dire che a capo dei russi c’era un georgiano. I georgiani sono circondati dai monti, capaci di darsi limiti che i russi delle steppe non si sono mai dati. Quando questo georgiano spartì il mondo in due con una matita blu, Churchill si preoccupò di arrivare per primo a Berlino perché l’ultima cosa che voleva, era trovarsi Berlino, il cuore del continente europeo, in mano ai russi. I berlinesi meglio di tutti possono testimoniare di quanto Churchill avesse ragione. e se i russi hanno lasciato Berlino, e ce n’è voluto, perché i russi ovunque vadano si sentono a casa loro, è solo grazie alla Nato. In compenso sono rimasti a Kaliningrad, la vecchia Koenisberg, e quindi la Nato sarà bene rimanga all’erta.

Poiché la Nato non è una struttura offensiva, l’Ucraina dovrà cavarsela principalmente da sé. Per quanto infatti la Nato vorrebbe aiutare l’Ucraina, la sua stessa organizzazione è concepita in modo che non possa farlo oltre ad una certa misura. Il giorno che però l’Ucraina cadesse, allora il confronto con la Russia sarebbe diretto perché nessun paese della Nato potrebbe accettare l’idea di subire la sorte dell’Ucraina e appunto per i russi l’Ucraina altro non è che Russia, cioè il minimo che possono pretendere. Ai russi piace andare alle Baleari, non in Ucraina. L’hanno sempre odiata l’Ucraina i russi, probabilmente perché sono due popoli uguali. In Italia per il settantacinquesimo anniversario della Nato, fra tante celebrazioni, ce n’è stata una in piazza a Napoli con stelle rosse e falce e martello. Fuori la Nato dall’Italia. Uno slogan piuttosto consueto. Infatti i militari russi hanno già scorrazzato in Italia liberamente quando tutti i cittadini erano invece rinchiusi in casa. Già prendevano le misure. Era dal tempo di Suvarov che non venivano a trovarci in forze. A volte c’è da credere che forse bisognava farla diversa la divisione della matita blu e lasciargliela ai russi l’Italia. Non per altro, ma solo per capire come mai i polacchi, i lettoni, i lituani, gli estoni, i rumeni, i bulgari, preferiscono i nazifasciti ai comunisti. Qui da noi,, non si sa perché, si crede che i secondi invece fossero meglio dei primi. Fanno eccezione gli ungheresi. Gli ungheresi che sono stati massacrati dai russi una volta per secolo, temono di esserlo un’atra volta in questo e scodinzolano davanti ai russi. Loro non ci credono nella Nato. Non è colpa di nessuno. Gli ungheresi sono più slavi dei cosacchi. Ogni tanto verrebbe da chiedersi cosa siano gli italiani.

Foto Nato

Tags: italiaNato
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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