Le elezioni europee sono sempre più interpretate in Italia come un sondaggio interno al paese, per una volta autentico, non come quelli infrasettimanali che sparano di continuo, sugli umori dei cittadini. Da qui si assiste ad una corsa al consenso che in genere nemmeno sembra prendere in considerazione gli equilibri di Bruxelles. Per quanto possa apparire incredibile, l’unico ad aver affrontato le questioni pertinenti è Salvini, il quale ha detto di essere contrario ad un esercito comune. Chi lo paga?, Chi lo comanda? Quel guerrafondaio di Macron se lo può scordare. Di buono c’è che Salvini uscirà comunque dal voto con le ossa rotte. Se lo sogna il 30 per cento di 4 anni fa, ma bisogna dargli atto che a modo suo è intervenuto nel merito della consultazione. L’onorevole Meloni ha avuto come massima trovata quella di personalizzare su di se la campagna elettorale, votate Giorgia, ha detto, mentre l’onorevole Schlein ha replicato che se non riuscirà a cambiare il Pd, lo lascerà. Sai cosa gliene frega al popolo sovrano. Stucchevoli poi le tante polemiche sulle candidature di bandiera che in una campagna per un parlamento rappresentativo come quello di Bruxelles sono pur sempre meglio di chiedere il voto per pinco pallo. Addirittura sorprendente la lista di scopo montata da Renzi e Bonino. Cosa volete che conti una battaglia a favore di un gruppo parlamentare definito, vogliamo solo essere eletti. Allora meglio Sgarbi che si fa ospitare nelle liste di Fratelli d’Italia con più possibilità di successo.
Siamo alle solite. La politica italiana a fronte ad un appuntamento dell’importanza del rinnovo del parlamento europeo stenta a indicare una qualche direzione di marcia inciampa. Tranne Salvini, ovvio, che visto un muro, vuole subito schiantarcisi contro. Se l’Europa non è in grado di affrontare unitariamente le minacce che le si stanno rivolgendo, sarò travolta, perché non può solo confidare sulla Nato, cosa che l’odiato Macron ha compreso da almeno lo scorso mandato presidenziale. Quanto alla catena di comando europeo, se l’Italia si perde in simili sciocchezze, inevitabile che un paese come la Francia, o altri al suo posto, possano avvantaggiarsene. Macron, a contrario di quanto fa la nostra classe politica, ha già detto con chiarezza come intende procedere in Europa e punta tutto sulla unificazione. Questo è il solo tema che davvero ci riguarda e dove abbiamo nonostante l’inadeguatezza delle nostre forze politiche, ancora delle carte da giocare, ad esempio quella di Mario Draghi che con l’unificazione europea, chiede anche un cambiamento profondo.
Solo Azione di Calenda ha mostrato di essere all’altezza di darsi un’agenda consona alla problematica internazionale, e questa è la ragione per la quale il partito repubblicano ha sottoscritto gli accordi di collaborazione politica ed elettorale, già iniziati dalle non lontane amministrative romane. Non che sia facile costruire qualcosa nel campo della democrazia liberale, con storie, personalità e caratteri tanto diversi. Qualcosa dovrebbe saperlo bene il partito repubblicano partendo proprio dalla sua sola esperienza interna. Eppure valeva la pena di provarci anche davanti alla disperante pochezza dello scenario politico che ci troviamo di fronte. Agli scettici vogliamo solo far notare una cosa, ritorna sulla scheda il vecchio simbolo dell’Edera che mancava dalle elezioni europee da vent’anni esatti e non c’è simbolo a cui l’Europa debba tanto, ancora da prima che si costituisse come tale. L’Edera era il simbolo della Giovine Europa di Giuseppe Mazzini 1834. Il 15 aprile scorso erano centonovant’anni.