Per quanto la Giustizia richieda una riforma radicale, La Voce ne ha discusso venerdì scorso con Guido Camera che con noi da anni la sollecita, non se ne farà mai niente se chi la promuove ha una sola ombra di polvere sulla giacca. Silvio Berlusconi nonostante le sue lodevoli intenzioni a riguardo fece un clamoroso buco nell’acqua e non per i processi in cui, a torto o a ragione, è stato implicato, quanto per i suoi atti parlamentari. Se hai un voto in parlamento sulla nipote di Mubarak, puoi star sicuro che anche cadesse il cielo non farai la riforma della Giustizia. Il punto più basso toccato dalla parabola di Berlusconi, da cui non è mai più riuscito a risalire per tornare a guidare un governo. L’onorevole Meloni ha già dichiarato che lei non avrebbe fatto la fine di Berlusconi. Per la verità potrebbe farne una peggiore, in quanto Berlusconi seppe comunque guidare un governo della repubblica ben quattro volte, l’onorevole Meloni rischia di chiudere rapidamente la sua prima esperienza. Bastano le inchieste che riguardano i membri del suo partito nelle istituzioni ed indipendentemente dai processi. Non è la condanna che chiude la carriera politica, è il dileggio che accompagna un’inchiesta.
Il reato che viene ipotizzato per il sottosegretario Delmastro non è proprio chiarissimo nemmeno per l’accusa, tanto che il suo caso era stato archiviato. Nel momento in cui si presenterà in tribunale Delmastro dovrà spiegare il motivo di aver diffuso notizie di cui era venuto a conoscenza nell’ambito delle sue funzioni. Anche se venisse prosciolto con tutti gli onori, gli resterebbe addosso la mancata riservatezza nello svolgimento dell’incarico istituzionale a cui è preposto. Questo mentre il ministro Santanchè si esibiva in una performance alle Camere che ha fatto sbiancare i suoi stessi colleghi di governo. Persino Briatore ha detto che era meglio risparmiarsela. Il ministro non ha saputo nemmeno dire se fosse indagata o meno. Beata strafottenza. Qualcosa che invece non era mai accaduto nella storia della Repubblica è un presidente del Senato che si sostituisce alla procura nel giudizio sul figliolo sotto inchiesta. Meno male che l’opposizione parla di sessismo, che è certo aspetto deleterio e grave, ma mai come una eclatante violazione istituzionale che colpisce direttamente il partito di Fratelli d’Italia ed il suo leader. Il giovane è innocente? Benissimo. Resterà solo da capire come sia possibile che il dirigente più autorevole di un partito proibizionista proiettato al vertice dello Stano, non riesca a impedire nemmeno a suo figlio la frequentazione di ambienti in cui circolano droghe. Se La Russa fosse stato un esponente del Pci degli anni ’70 del secolo scorso, il proibizionista Pci lo avrebbe espulso in una settimana per non aver controllato il ragazzo, altro che reprimenda.
Pensare che in queste condizioni sia sufficiente l’impeccabilità di Nordio per portare avanti la riforma della Giustizia, sembrerebbe a dir poco velleitario. Tanto che i magistrati che hanno afferrato l’osso dal 1994, hanno pur diritto di chiedere di riformare prima la politica invece che il loro ordinamento, e come si fa in queste condizioni, a non dare loro ragione. L’immagine offerta della classe politica è tale che non c’è bisogno nemmeno delle sentenze dei tribunali per valutarla.