Dopo la grottesca intervista del presidente della Comunità di Sant’Egidio Riccardi, delle parole di buon senso sono provenute dal segretario si Stato Vaticano, monsignor Parolin, il quale ha detto semplicemente la cosa più ovvia. Per finire la guerra deve finire l’aggressione. Disgraziatamente si sperava che fallito il colpo il 22 febbraio 2022, la Russia si rendesse conto di aver commesso un errore strategico e politico, che l’Ucraina non solo non sarebbe capitolata, ma sarebbe stata in grado di resistere perché difendeva la sua indipendenza. Pensare che è dal tempo di Carlo di Svezia, lo scriveva Voltaire, che l’Ucraina la chiedeva e l’ha ottenuta dopo tre secoli e terrificanti traversie. Figurarsi se ci rinuncia. Sarebbe più facile per l’Italia tornare sotto l’Austria, i Borboni ed il papa re..
Ammettiamo anche che la Russia disponga di questa potenza inesauribile tale da piegare la resistenza ucraina. La Russia non ha più bisogno del grano ucraino come ancora nel secolo scorso. Se c’è un successo che ha ottenuto Putin è nell’agricoltura, per cui a cosa gli serve oggi l’Ucraina? Con il controllo del Donbass ha già recuperato importanti risorse naturali, considerando che la Russia non è certo priva di giacimenti nel suo immenso territorio, potrebbe accontentarsi. La domanda che tutti noi amanti della pace e del negoziato ci dovremmo fare è perché la Russia ha aperto un fronte di questa intensità con un suo ex protettorato. Per denazificare il paese? Qualcuno prende davvero sul serio una simile sciocchezza, quando la Russia ha messo in piedi in Cecenia dopo dieci anni di guerra, un governo di mozzaorecchi guidato da Kadiirov? La Russia che sostiene l’Iran e la Siria, regimi che fanno impallidire qualsiasi Stato democratico? Putin che ammazza i suoi oppositori uno a uno, ha qualche ragione per combattere il nazismo? Se ci fossero i nazisti in Europa, questi sarebbero ill miglior alleato possibile per la Russia, esattamente come avvenne nel 1939. Qualunque dittatura è fatta per intendersi con Putin. Sono gli elementi liberali penetrati in Ucraina ad infastidirlo, gli stessi che sono arrivati in tutti gli ex paesi del blocco sovietico e che minacciano l’oligarchia poliziesca che si è ricostituita a Mosca come ai tempi del più cupo stalinismo.
Quello che è accaduto dal 1991 ad oggi è che la Russia non può più contare su un blocco di Stati sotto la sua diretta influenza e controllo che la proteggevano dal dissoluto mondo occidentale fino al cuore di Berlino. Da allora la Russia ha perso tutta quell’area ed è effettivamente accerchiata, ma non militarmente, come lamenta, politicamente, culturalmente. In Polonia e nella Repubblica ceca invece dei carri armati nelle strade, ci sono cittadini che votano, partiti che si confrontano e si cambiano le classi dirigenti. Come fa la Russia dove la gente deve aver paura a rendere omaggio alla bara di Navalny a reggere questo confronto? Putin è al comando da 25 anni e ne promette altri cinque. Può permettersi lui che incarna la rinascita russa dalle macerie dell’Urss di venir sbeffeggiato da un paese gregario, dove si parla la stessa lingua e le cui relazioni furono tali da far si che un ucraino divenisse il capo stesso dell’Unione sovietica, un altro dell’Armata rossa, un terzo, il più grande scrittore di lingua russa dell”800. Questo è il dilemma di una guerra che si traduce direttamente nella crisi di un regime. Putin pensava di risolvere tutto con un estremo atto di prepotenza, un atto con cu la Russia accelererà la sua fine, non quella dell’Ucraina e grazie a Dio, in Vaticano, c’è chi lo comprende.