Accusare i giudici di esondare dalle loro funzioni e sostenere che i comunisti sono nelle procure, sono in realtà due tesi un po’ diverse. Se i giudici esondano, significa che c’è un vuoto legislativo che glielo consente ed infatti il governo ha dovuto subito procedere a formulare un decreto apposito per tentare di colmarlo. Solo che se il decreto ripercorre lo stesso testo precedente, non si tratta, come si vuol fare credere, di fonte legislativa primaria o secondaria. Si tratta di una interpretazione della legge e quindi i giudici chiedono informazioni alla Corte europea, perché avranno avuto il dubbio che il governo ci faccia, o proprio ci sia. Dal punto di vista dei magistrati, dovrebbe essere ovvio, la richiesta alla Corte non può che rafforzare la loro volontà di azione finora intrapresa, altrimenti avrebbero evitato di interpellarla, la Corte. Per l’appunto, se un giudice esonda, non è che poi anche cerca di erigere l’argine destinato a fermare la sua esondazione. Dire invece che i comunisti sono nelle procure, è cosa proprio azzardata, in quanto i comunisti oramai non sono quasi più da nessuna parte e pure si sarebbero rifugiati nelle procure. Fosse vero, chieder loro di candidarsi alle elezioni, sarebbe come pensare che siano scemi i comunisti. Ma come, quelli astutissimi hanno preso d’assalto le procure e tu gli chiedi di candidarsi? Evidentemente sanno che non li voterebbero nemmeno i congiunti i comunisti, esattamente come succede al buon Marco Rizzo.
Questi usati dal governo, non sono proprio dei grandi argomenti e rischiano quasi di diventare patetici quando si aggiunge loro quel campione del diritto interazionale del presidente Orban che è arrivato a proclamare la necessità di ribellarsi ai giudici. Bene, con i giudici comunisti, non riuscì a farlo nemmeno il suo connazionale Nagy che venne condannato alla fucilazione. Mentre il governo di uno Stato democratico potrebbe facilmente spiegare le sue ragioni ai giudici e convincerli di essere dalla parte del diritto. Un governo repubblicano non si mette a fare una polemica a mezzo stampa con un ordinamento giurisdizionale, questo lo può giusto fare uno come Orban. Un governo repubblicano va in Parlamento e rende edotti i giudici, soprattutto su un tema tanto delicato da investire in pieno l’articolo 10 della Costituzione, “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”. Vi sarebbe un “generalmente” da porre in questione, mai il governo capisse di cosa si tratta. Altrimenti resta giusto la via Orban, il ragazzo della via Pal.
Purtroppo, anche nel caso in cui il governo dimostrasse di avere ragione, e cioè che la Corte di giustizia europea e di conseguenza le magistrature, gli impediscono di attuare i rimpatri, in quanto nessun paese può più considerarsi sicuro al di fuori del perimetro democratico, e pure il governo non vuole tenersi tutti gli immigrati che arrivano da noi, non otterrebbe giovamento alcuno. Il danno procuratogli dai giudici, sarebbe comunque minore del libero agire dal governo. Al governo conviene avere torto e non ragione, pur di piantarla con il mettere in mare navi da guerra lunghe ottanta metri per trasbordare da una costa all’alta dell’Adriatico, prima sedici immigrati per poi riportarli indietro, e adesso altri dodici che non si sa che fine faranno. C’è anche una questione di costi, perché avendo ascoltato il ministro Giorgetti nella sua audizione alla Camera, un cittadino qualsiasi stende un velo pietoso sulla tenuta dei conti del governo e quindi ha difficoltà a capire come in tali condizioni di finanza pubblica se ne sia venuti fuori con una iniziativa tanto eclatante come questa dei centri in Albania, non particolarmente economica. E fosse solo la questione economica. Invece è che tutto il mondo davanti a cotale spettacolo gli ride dietro al governo.
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