In linea di principio non è che si possa considerare una grandissima idea quella di mettersi a recriminare contro i torti dei precedenti esecutivi. La campagna elettorale è finita, hai vinto le elezioni, complimenti, ti sei insediata da quasi un anno a Palazzo Chigi, è il momento di far vedere davvero cosa sei capace di fare nonostante i guasti, e sono tanti, che ti ritrovi davanti. Poi si comprende perfettamente lo stato di particolare depressione di chi si ritrova comunque a gestire l’eredità dei governi Conte, qualcosa di inimmaginabile per tutta la storia repubblicana nel mondo, Sudamerica incluso. Detto questo bisogna pur prendere ad esempio la compostezza di Draghi, l’eleganza che gli ha impedito di far trasparire un qualche giudizio a riguardo, al limite, un vago sentimento, prima cosa cacciare Arcuri, e la situazione, allora, era ben peggiore.
Si potrebbe ancora capire se l’attuale governo rivendicasse con orgoglio il suo essere stato opposizione al modello claustrosanitario imposto al paese. L’onorevole Meloni ha guidato l’unica forza politica che in Parlamento, le poche volte che si riuniva, osava contrapporsi con la dovuta veemenza al duo Speranza Ricciardi e l’elettorato l’ha premiata per questo. Può benissimo capitare che in un momento di difficoltà prolungato, in una crisi profonda di identità, ci si richiami alla propria origine eroica. Se uno si accinge a vivere di ricordi, è inevitabile. Purtroppo di tutto quanto, proprio la polemica sul suberbonus appare priva di senso, dal momento che questo è l’unico provvedimento del governo Conte sostenuto dall’opposizione con fervore, tutta insieme, appassionatamente. L’ineffabile Tajani ne chiese la proroga per il 2023, estendendolo a tutti gli edifici, alle persone e alle imprese. Tajaini, il totalitarismo del supebonus in giacca e cravatta. Salvini? Il superbonus era “assolutamente efficace”, tanto da opporsi ai tentativi del ministro dell’Economia Daniele Franco di limitare almeno una parte degli incentivi alle famiglie a basso reddito. Mentre per Fratelli d’Italia, Monica Ciaburro vedeva ancora più lontano, volendo estenderlo “fino al 2025”. Infine, Rampelli era schierato con Salvini contro Draghi ed il suo ministro Franco. Uno può anche cambiare idea, ci mancherebbe. Resta solo inquietante il fatto che condivisa una responsabilità così grave non si ammetta di non aver capito niente. Non è una questione di onestà intellettuale, ma di capacità di discernere la realtà economica del paese, per cui se non capivano niente allora, chi ci dice che capiscano qualcosa adesso? La prudenza avrebbe dovuto imporre di evitare l’argomento più controverso ed imbarazzante proprio per il governo, quello di oggi, non quello dell’altro ieri.
A questo punto, tutti i peggiori presentimenti potrebbero anche avverarsi. Perché mai una polemica con il commissario Gentiloni? Il commissario Gentiloni recepisce le istanze della Commissione europea e le trasmette all’Italia. È l’Italia, ancora non sappiamo cosa fa sulla ratifica del Mes, che deve decidere se vuole sforzarsi di trovare una qualche sintonia con le politiche della Commissione o se ritiene di doversi preparare allo scontro frontale. In ogni caso è inutile, per non dire che è deleterio, fare del commissario italiano un bersaglio. Al limite lo si ignora. C’è stato Draghi a dare una mano al governo con il suo articolo sull’Economist dove invita l’Unione europea a non ripercorrere al contrario la strada compiuta finora. Il governo abbia l’accortezza di appellarsi a Draghi, cioè il governo si dia una qualche politica con cui confrontarsi con la Germania e la Francia, perché sembra invece procedere a furia di anatemi. Verrebbe da credere che manco l’abbia letto Draghi quando si trattava di fargli una telefonata per chiedergli un qualche consiglio. Non che il ministro Fitto non stia facendo il suo figurone a proposito di relazioni con Bruxelles, ma insomma. Se poi c’era proprio una cosa che la maggioranza di governo doveva assolutamente evitare era la presenza della signora Le Pen a Pontida. Anche il povero Bossi dovrebbe stropicciarsi gli occhi, altro che andarla ad ascoltare. La si conosce benissimo l’idea della libertà della signora, una Francia libera dall’Europa, e soprattutto da qualsiasi obbligo nei confronti dei paesi membri, a cominciare dall’insignificante, ridicola e patetica voltagabbana, l’abbiamo già una volta pugnalata alle spalle, Italia.
foto della Galleria della presidenza del Consiglio dei Ministri