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Un 25 aprile con la guerra di occupazione alle porte

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
24 Aprile 2022
in L'editoriale
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E’ un ben mesto 25 aprile quello che si prepara sapendo di un paese alle porte dell’Europa a rischio di perdere ancora una volta la sua indipendenza e la sua libertà. Più triste ancora le reazioni che si sono avute nel nostro dove in poche settimane ne abbiamo sentito di tutte e che davvero era meglio non sentire. Abbiamo in un repubblica antifascista nata dalla resistenza e dall’aiuto angloamericano, coloro convinti che davanti alla prepotenza occorre soccombere, i discendenti di Hobbes.  Questi considerano il diritto internazionale carta straccia e si rimettono alla  legge del più forte. Un   disinvolto balzo all’indietro di tre secoli buoni. “Homo. homini lupus”. Che vi sia qualche professorino universitario di dubbi studi a celebrare la felicità del proprio nonno sotto la dittatura pazienza. Che sia il presidente dell’Anpi a sostenerne le stesse tesi, significa che c’è qualcosa di profondamente marcio. Ci manca solo che si chieda di commemorare le vittime di via Rasella al posto di quelle delle Fosse Ardeatine. Magari se i tedeschi non fossero stati provocati, non avrebbero compiuto l’eccidio famigerato, esattamente come stanno facendo i russi. I poverini sono stati provocati, sì dalla libertà degli altri.

Siamo grati che davanti a tanta meschinità e miseria morale, il Capo dello Stato, il presidente del Consiglio abbiano levato una voce netta è ferma per cui non si giustifica mai e per nessuna ragione un aggressore. Ma a parte il punto di principio, l’analisi compiuta da questi signori che chiedono agli altri la resa, persino peggio di quelli che chiedono agli altri di combattere. è un’analisi sbagliata. La Russia non invade l’Ucraina per rappresaglia, così come i nazisti non invasero per rappresaglia l’Austria e la Repubblica Ceka, ma perché una dittatura come quella russa concentra i frutti dello sviluppo economico in poche mani, e dirige sostanzialmente l’economia del proprio paese con uno standard fisso, cioè incapace di crescita. Per poter garantire il benessere dei suoi sudditi ha bisogno di nuove conquiste ed appropriarsi delle risorse che non riesce a produrre.

Da qui la fondamentale differenza fra l’America e la Russia ed anche una fondamentale differenza fra la Russia e la Cina che fa ben sperare. I cinesi all’aggressività militare della dittatura hanno sostituito quella commerciale. Ma i russi sono sempre gli stessi, ahinoi dai tempi di Ivan il Terribile. E’ sgradevole e lo capiamo bene per i tanti stalinisti italiani dover ammettere che la meravigliosa Unione sovietica, altro non era che l’Impero Russo sotto nuove vesti. La patria del socialismo? No. La servitù della gleba. Per cui pensare che l’obiettivo di Putin sia la Crimea o il Donbass è tesi puramente ridicola. Chiedete ai moldavi cosa ne pensano, agli slovacchi, ai polacchi. Persino gli svedesi ed i finlandesi che i russi li hanno conosciuti perché li hanno dovuti combattere, chiedono l’adesione alla Nato. E non perché la Nato voglia espandersi, ma perché devono essere difesi. E nonostante tutta la pletora di questi nostri connazionali con  i loro nonni dall’infanzia felice, l’Italia potrà anche smettere di inviare le armi, come chiede l’onorevole Fratoianni. Certo non la smetterà l’America, e non la smetterà l’Inghilterra, fino a che i russi saranno sconfitti, esattamente come lo sono stati alla fine della guerra fredda. Anche allora si pensava che con la fine della guerra fredda ci sarebbe stato il conflitto atomico e c’è da credere che i sovietici lo avrebbero fatto volentieri, con il signor Gorbaciov in testa, se mai avessero avuto la possibilità di vincerlo. Fecero invece la perestrojka.

Tags: ArmiFratoianni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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