Il clima plumbeo che è calato sul paese con tanto di scritte firmate Br, si spiega perché il voto del 25 settembre ha compiuto un balzo all’indietro nel tempo che sembra di essere tornati al 1994. Allora Berlusconi ebbe la maggioranza relativa, rinforzata dal meccanismo della nuova legge elettorale. Il Cavaliere era supportato dalla destra nazionale, la stessa che quando si avvicinò al governo con Tambroni trovò la rivolta di piazza. Quella destra aveva appena cambiato nome e con un leader fresco del giuramento di rappresentare il fascismo del secondo millennio fatto sulla tomba di Gorgio Almirante, prese 5 milioni di voti. Se Berlusconi ne aveva ottenuti comunque 8, si trascinava dietro l’ombra del conflitto di interessi, così come la Lega quella del secessionismo. Nessuno di questi tre partiti aveva una qualche correlazione con l’Unione europea, anzi avevano flirtato tutti con l’idea di rifiutare l’euro.
Cambiato i prodotti, il risultato a quasi trent’anni di distanza è lo stesso. La destra nazionale ha surclassato Berlusconi, e quali concessioni verbali e formali faccia all’antifascismo non convince nessuno escluso i suoi elettori che non sono antifascisti. Il conflitto di interessi si è spostato sui figli di Berlusconi le cui aziende sono subito tornate alla ribalta del dibattito politico. La Lega ha stinto il suo secessionismo in una interpretazione della fede cattolica che ricorda il falangismo spagnolo. L’unica differenza sostanziale rispetto al 1994 è che Forza Italia si riconosce nel partito popolare europeo, una garanzia per la tenuta europeista del paese, non fosse che Forza Italia non è più il partito di maggioranza relativa e che il Ppe potrebbe espellerla a seguito di una simile coalizione elettorale.
Il governo del 1994 fu un autentico disastro. Non riusciva a varare un provvedimento senza che un ministro ne dissentisse, e in pochi giorni la procura mise sotto inchiesta il presidente del consiglio. Oggi è anche peggio perché prima ancora che si formi il governo la maggioranza si è spaccata sulle cariche istituzionali dello Stato ed ancora non si sa come si possa ricomporre. Se mai si ricomponesse, vi sarebbe il dubbio che gli affari di Berlusconi abbiano avuto il sopravvento sulle valutazioni politiche. E tutto questo non è ancora il peggio dello scenario. Nel 1994 Berlusconi rappresentava la fiducia del mondo imprenditoriale, il sogno di un partito liberale di massa e aveva ottenuto un consenso diffuso che raccoglieva comunque personalità come Urbani, Martino, Colletti, Giuliano Ferrara, un amico carissimo come Jash Gawronsky. Di tutto quel mondo non è rimasto più niente, spazzato via dalle olgiettine. Il miglior prodotto spendibile sul piano del governo è l’ex ministro Tremonti, che abbiamo potuto valutare durante la crisi finanziaria del 2011.
L’onorevole Meloni si è dannata l’anima in queste ore per cercare dei tecnici di livello da inserire al governo e non ha raccolto un solo nome di prestigio, escluso Nordio che aveva nelle sue liste. E tutto questo davanti ad una crisi incrociata che sconvolge gli equilibri internazionali. Una personalità come Mario Draghi era in difficoltà, figurarsi il suo disgraziato successore e la sua miserevole maggioranza, sempre che se ne riesca a formare una. È vero che si dice ha da passare la nottata. Ma una notte come questa non l’avevamo mai vista.
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