Per amore dei paradossi avevamo riportato una battuta di Rino Formica secondo cui l’onorevole Meloni avrebbe voluto essere Evita Peron e sarebbe stata costretta a diventare Margaret Thatcher. Nemmeno la Thatcher era un’europeista convinta, al contrario. La Brexit, potendo, l’avrebbe inventata volentieri lei. In compenso le capitali europee non avevano l’ardire di prendere di mira il primo ministro di un paese che l’Europa l’aveva resa libera e nuovamente autonoma. E questa è la tragica differenza che segna l’onorevole Meloni dalla signora Thatcher, per cui nemmeno dovendo potrebbe indossare i panni del premier conservatore britannico. Ci se ne accorge facilmente dalle frequentazioni internazionali di Fratelli d’Italia appena conosciuto il responso delle urne. Il “bravo” di Marine Le Pen, lanciato come viatico. La Francia ha un presidente che ha appena redatto un accordo bilaterale con l’Italia e quel presidente è un avversario della signora Le Pen. Marine per Macron è come il fumo negli occhi. E la questione francese è ancora la meno rilevante. Alla direzione nazionale di Fratelli d’Italia si sono presentati il leader di Vox, all’opposizione del governo socialista in Spagna, ed un portavoce di Orban, leader di uno Stato che la maggioranza del parlamento europeo vorrebbe cacciare dall’Unione. A conti fatti, un governo Meloni sembrerebbe uno schiaffo in pieno volto alle cancellerie di Parigi, Madrid, Berlino, Amsterdam, Bruxelles, Praga che pure è di centrodestra. Nemmeno lo scarso europeismo della Thatcher ambiva a tanto.
L’Unione europea era invece ammaliata da Draghi che aveva guidato il presidente francese e il cancelliere tedesco in treno a Kyiv. il leader garante del piano di resilienza lo stesso che ora l’onorevole Meloni vorrebbe riscrivere. In parole povere, non è che l’Europa tema un qualche sussulto in camicia nera nel centenario della marcia su Roma. Semplicemente ricorda la celebre “zucchina di mare”, l’atto di accusa, magari piuttosto approssimativo, rivolto alle sue politiche inclusive. La stessa scelta divisiva compiuta dal governo tedesco rispetto al finanziamento energetico potrebbe solo essere un primo passo verso l’abbandono di ogni senso di responsabilità comune. È perfettamente plausibile che la Germania con i problemi che si ritrova, dipende dalla Russia più di ogni altro e paga una ostpolitik coronata dalla presidenza di Gazprom a Schroeder, pensi solo ai suoi interessi. Questa la testa. La coda, velenosa, è rivolta all’Italia. Avete votato i nazionalisti? “Sehr gut”, da questo momento vi arrangiate.
Persino nella Cdu tedesca c’è chi chiede a Berlusconi di non far parte di un futuro governo Meloni e minaccia di cacciarlo dai popolari europei. Poi, per carità, l’onorevole Meloni che in soli quattro anni dal quattro per cento è diventato il primo partito in Italia, potrebbe ancora stupire tutti e recuperare quel credito che al momento nessun governo continentale, escluso quello ungherese, sembrerebbe intenzionato a darle. Quanto tempo andrebbe perso in questa rincorsa del consenso europeista? E l’Italia potrebbe permettersi un tale spreco? Verrebbe quasi da temere una Brexit rovesciata. In questo caso non saremmo noi a lasciare l’Europa, ma l’Europa a lasciare noi.
Foto Jonardo