Se Mario Draghi fosse Giulio Andreotti, avrebbe stappato lo champagne per la non sfiducia del Senato, e corso al Quirinale con una nuova lista di ministri per il reincarico. Prima ancora del colloquio con il Capo dello Stato sarebbe stato convinto di poter limare tutte le asperità emerse in aula, tanto da poter recuperare perché no, persino il movimento cinque stelle. Allora sì che avrebbe puntato al voto ad ottobre ma all’ottobre del 2023.
Il piccolo problema è che le forze politiche che hanno votato la fiducia a Mario Draghi nel febbraio dell’anno scorso, sapevano delle qualità di Draghi, che sono tantissime, ma che non comprendevano quelle di Andreotti.
Per questa ragione abbiamo ascoltato con un certo scetticismo la lunga dissertazione sulla crisi fornita da Antonio Tajani alle telecamere di Sky. “Forza Italia ha sempre sostenuto Draghi lealmente, ancora lo avrebbe sostenuto, ma quello, Draghi, si è impuntato sul voto di un ordine del giorno proveniente da un senatore del Pd e noi non glielo abbiamo votato”. E quindi, perdoni Tajani, in che cosa si sarebbe distinta Forza Italia dal movimento 5 stelle? Anche il movimento 5 stelle aveva constatato che Draghi aveva l’abitudine di impuntarsi, una volta le armi all’Ucraina, una volta sull’inceneritore, e non l’ha votato. Tutto sommato gli argomenti del movimento 5 stelle oltre che più concreti, sono persino più comprensibili di quelli per i quali Forza Italia non ha votato il governo nel momento in cui ce n’era più bisogno. Tanto è vero che Tajani ha dovuto faticare non poco nello spiegare la sua posizione ai colleghi della stampa estera presenti in collegamento. E qui siamo al punto,
Draghi può aver commesso degli errori formali e sostanziali, o per lo meno, persino il senatore Casini gliene ha contestati nel suo intervento in aula e non sapremmo dire se con qualche ragione, francamente non ci interessa molto. Draghi come non ha le qualità di Andreotti, non ha nemmeno le qualità di Casini. È stato chiamato, sulla base del suo prestigio intellettuale, morale e professionale, per svolgere un servizio alla nazione e si era anche messo in testa di svolgerlo. Ma allora voleva i pieni poteri! No, quello era un altro. Tanto che Draghi si era già dimesso. È vero però che la pretesa di supplire alla deficienza della classe politica italiana, beh sì Draghi ce l’aveva eccome. Ed è questa deficienza nuda e cruda che resta adesso sotto gli occhi dell’universo mondo, che si interroga nuovamente sulla credibilità del sistema Italia una volta licenziato tranquillamente il velo che la celava.
Magari presto avremo un governo Tajani, o Meloni, o perché no? Casini. Buona fortuna.