In Italia si sta ragionando da tempo, perlomeno dal 2011 e dal governo Monti, sulla sostenibilità del debito e della spesa pubblica e ciclicamente la spesa pensionistica finisce nel mirino degli adepti delle soluzioni facili.
In Italia la spesa per pensioni assorbe ben 318 miliardi di euro (dati 2023, in aumento di 21 miliardi sull’anno precedente) cioè il 16% del PIL e il 40% della spesa corrente primaria; costringendo lo Stato a trasferire annualmente 164 miliardi. Questo perché le entrate contributive non sono in grado di coprire il fabbisogno pensionistico.
Gli apprendisti stregoni, di disneyana memoria, hanno la bacchetta magica che freme: taglia qua, taglia là, basta con tutti questi diritti, ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede la nonna, salvate i pinguini ecc. ecc.
In economia pubblica è facile trovare soluzioni ai costi: si tagliano i diritti, si fa a pezzi lo stato sociale ed ecco fatto.
Ma noi abbiamo l’onore di scrivere su La Voce Repubblicana ed essere militanti del partito più antico della Repubblica, quello stesso partito che fa da sempre dei valori sociali e dell’emancipazione morale ed economica un precetto di fede e lotta politica.
L’economia, anche quella pubblica, deve essere al servizio dell’uomo e della società e non viceversa e pertanto bisognerebbe dire, viva l’INPS!
Troppe trombe economiche stanno ultimamente suonando e proponendo velatamente la rupe di Sparta per gli anziani, per le pensioni e per la sanità pubbliche.
Insomma, siccome il bilancio ha problemi comprimiamo i diritti, comprimiamo il welfare, e che gli italiani si arrangino, si salvi chi può, baionette ai moribondi.
Posto che dobbiamo salvare lo stato sociale, dobbiamo ora ipotizzare delle soluzioni, anche innovative, al problema.
La questione va analizzata sotto due prospettive: quella corrente (trovare risorse per l’INPS) e quella strutturale (fare in modo che nel tempo non abbia più bisogno di aiuto).
Stando così le cose, possiamo affermare che la soluzione non va cercata esclusivamente nel sistema pensionistico.
Relativamente al problema corrente, cioè come abbiamo detto trovare immediate risorse per sostenere le pensioni, riteniamo che affiancare alla pensione pubblica una pensione privata, come alcuni dicono, andando via via a sostituire questa con quella non può risolvere il problema immediato.
I contributi che noi lavoratori e partite iva versiamo adesso servono a erogare la pensione a chi in pensione c’è già; pertanto staremmo semplicemente togliendo risorse al già affannato INPS.
Il ricorso alle pensioni erogate dalle casse professionali potrebbe essere una mano in aiuto: una partita iva che versa alla propria cassa professionale una certa percentuale potrebbe avere la facoltà di scegliere se continuare a versarla alla cassa oppure direttamente all’INPS.
Questo aiuterebbe ad aumentare le risorse in possesso dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale e forse ad aumentare l’equità rispetto a certe situazioni.
Alcune casse professionali prevedono che qualora si versi per meno di dieci anni non si abbia poi diritto a nulla. Questo ci appare molto scorretto, se l’INPS invece garantisse l’accumulo di quei contributi per la pensione futura è possibile che molte giovani partite iva scelgano, nel dubbio, di versare all’INPS garantendo all’Istituto un aumento delle risorse.
Dall’altro lato c’è il problema della forza lavoro: la popolazione in età da lavoro è poca rispetto a quella in età pensionabile e la popolazione diminuisce, l’Istat ha rilevato un calo di 7.000 unità al primo gennaio 2024 rispetto all’anno precedente del totale della popolazione italiana.
Ecco l’ambito che può fornire soluzioni strutturali, per cui è bene chiarire che serviranno anni, per aiutare il nostro sistema pensionistico.
Da un lato è necessaria un’opera di convincimento per far comprendere che davvero il lavoro nobilita l’uomo; viviamo in un momento dove l’accesso all’università è facilitato e diffuso e dove per anni si è assistiti quasi al discredito delle scuole professionali. “Se non hai una laurea non sei nessuno”, si sente spesso ripetere da molti genitori. Le scuole professionali italiane, invece, hanno garantito una forza lavoro preparata e molto apprezzata anche all’estero; ancora oggi gli istituti nautici e geo-minerari italiani sfornano giovani capaci e molto preparati.
Risulta quindi cogente aumentare ulteriormente il livello di queste scuole, presentarle come fattiva alternativa davanti alle scelte di vita dei ragazzi, aumentare con attenta attività di comunicazione la gratificazione e valorizzazione di chi vi accede o vuole accedervi.
Dall’altro, bisogna sostenere la natalità. Se ne parla da tanto e si pensa sempre ai fondi o, per dirla sporca, ai soldi per incentivi. Non è solo questione di soldi; se passi vent’anni a propagandare che la famiglia è inutile, un retaggio del passato e che tarpi le ali a uomini e donne…non stupirti se nessuno fa più figli. Meno economia, più psicologia.
Mazzini stesso, astro fulgido dell’Italia, è categorico sulla difesa della famiglia, vista come creatrice dei futuri cittadini: “Abbiate dunque, o miei fratelli, sì come santa la Famiglia. Abbiatela come condizione inseparabile della vita, e respingete ogni assalto che potesse venirle mosso da uomini imbevuti di false e brutali filosofie o da incauti che irritati in vederla sovente nido d’egoismo e di spirito di casta, credono, come il barbaro, che il rimedio al male sia nel sopprimerla”.