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10 marzo, una Europa più vecchia che giovine

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
10 Marzo 2023
in L'editoriale
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L’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini decade su una tempesta di fuoco russo sparata sulla popolazione ucraina. Pensare che Mazzini al suo tempo escludeva la Russia da ogni progetto di rigenerazione europea, semplicemente la definiva “dormiente”. Nel 1837, anno di fondazione della “Giovine Europa” la Russia di cui l’Ucraina era giusto un Etmanato, gli appariva talmente arretrata che sarebbe stato impossibile penetrarla di qualche proposito rivoluzionario. Ancora nel 1848 Mazzini aveva visto i russi chiamati dall’Imperatore d’Austria a soffocare la rivolta ungherese, perché gli austriaci non sarebbero mai stati capaci di usare quelle misure repressive necessarie per estirpare l’insurrezione popolare dal cuore dei sottoposti agli Asburgo. Servivano le truppe mongole dello zar per riuscirvi. Mazzini avrebbe avuto probabilmente difficoltà ad immaginare che un simile stato di sonnolenza brutale ancora sarebbe persistito per quasi altri 180 anni.

Di sicuro c’è che Mazzini non si sarebbe fatto illanguidire dalla rivoluzione bolscevica, il suo giudizio sul socialismo è perfettamente maturo fin dal primo momento, “una società buona per i castori”, la definisce ancora generosamente. Mazzini è stato uno dei più grandi contraltari di un occidente invaghito della prosopopea dell’Ottobre. Non si trattava solo di un sempliciotto come lo statunitense John Reed con il suo ridicolo “i dieci giorni che sconvolsero il mondo”, ma del giudizio di uno Schumpeter, convinto che il socialismo avrebbe ribaltato il capitalismo e persino delle lacrime di commozione del professor Aulard, che arrivato a Mosca dalla Sorbona, da dietro le sue spesse lenti rivedeva Danton in Stalin. Stendiamo un velo pietoso su Gobetti. Un abbaglio colossale che pure raggiunge tutte le capitali mondiali. Ancora nel 1922 la presidenza americana offriva aiuti ad una Russia che già aveva iniziato ad affamare l’Ucraina. Paradossalmente solo Marx con Mazzini avrebbe potuto smascherare l’inganno sovietico. Marx, teorico di una dittatura del proletariato, pretendeva che prima della rivoluzione proletaria, vi fosse una rivoluzione industriale. L’unico marxista serio d’Europa, Karl Kautsky, che si oppose al processo russo, venne definito un “cane” da Lenin. I marxisti compiacenti divennero dei cagnolini. Mazzini era fuori da tutto questo. Concepisce la rivoluzione senza distinzioni di classe alcuna.

Nessuna distinzione di classe possiede il popolo ucraino dove l’aristocrazia era degli occupanti. Il popolo ucraino nel suo complesso è prevalentemente contadino, umile e a maggior ragione disprezzato dalla Russia persino da quella comunista. Non a caso Trotzkij era ucraino e Crusciov per restare in sella si macchiò di crimini orribili contro la sua gente negli anni ’30. Si è dovuta aspettare la fine del ‘900 per trovare una scintilla e anche l’Ucraina, come la Polonia come paesi altrettanto arretrati, la Bulgaria, la Romania, la Moldavia, rompevano le barriere e si proclamavano nazioni indipendenti. Se guardate le mappe, l’Ucraina tolta alla federazione russa è come toglierle il ventre. Considerando che già Minsk è tenuta aggrappata con lo spago, alla Russia restano solo Mosca e Pietroburgo poi è la steppa, la Siberia. E se uno arriva a Vladivostok trova più cinesi che russi, perché i ricchi cinesi vi si sono stabiliti con le loro belle mogli siberiane, che i siberiani veri, mangiano solo se pescano. Nemmeno la rivoluzione di Ottobre ha cancellato la servitù della gleba in Russia, perché solo una libera industria, un libero commercio, la detestata borghesia, lo consentirebbero, cose che la Russia non sa cosa siano. Al limite vi si avvicinò con la Nep, che si concluse con la caccia ai neppisti.

È un anniversario molto amaro questo per ricordare Mazzini. L’Ucraina finalmente insorta, finalmente risvegliata, finalmente popolo e subito martoriata e pure viene spacciata da un branco di cialtroni come una conseguenza ovvia. Mica vorremo rischiare una guerra nucleare, quando nemmeno vogliamo diminuire le nostre fonti energetiche. Da mesi è tutto un sentir dire agli ucraini, ma avanti, cedete, trattate, c’è la diplomazia, non la guerra, la sottomissione, non l’insurrezione. Lo stesso si diceva a Mazzini, nipote di uno che i russi li prese a cannonate con l’Armata d’Italia. In compenso il 10 marzo non ci sono solo le bombe russe sull’Ucraina, ci sono anche le richieste di indipendenza della Georgia. Pensate se mentre i russi combattono per Bakmuth, chi caspita sa che esisteva Bakmuth?, Tbilisi vive un’altra giornata da piazza Majdan. Cosa fa allora Putin? Sposta la Wagner? Disimballa le v2? Recluta un milione di studenti? Celebreremo più volentieri la nascita di Mazzini il prossimo 16 agosto.

Foto dalla Domus mazziniana di Pisa

Tags: MazziniUcraina
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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