«Come di consueto il 2 Giugno, festa nazionale, una delegazione di Repubblicani della sezione Francesco Paolo Como si è data appuntamento al monumento celebrativo di Giuseppe Garibaldi, nell’omonima piazza cittadina, per deporre ai piedi dell’eroe dei due mondi una corona di alloro. Giovanni Spadolini una volta scrisse che “ciò che siamo oggi nacque con l’età repubblicana di Roma, cioè con il mondo classico nella sua accezione virtuosa, quasi contrapposta alle degenerazioni e alle corruzioni imperiali. Proseguì poi le con le repubbliche del Medioevo, riassunte negli splendori dell’età comunale, con Firenze nel Trecento capitale culturale ed economica dell’Europa. Culmino’, infine, con la repubblica romana di Mazzini e Garibaldi nel 1849, oggi confinata, quasi nascosta purtroppo, nei testi scolastici e sacrificata alla ragion di Stato della monarchia vincitrice, ma non senza lasciare una traccia, o almeno un varco, alla fantasia e al sogno”».
Sono parola di Alessandro De Stefano, Segretario Partito Repubblicano Italiano-Taranto.
«Per questo motivo – prosegue -, ogni 2 Giugno i repubblicani del partito Repubblicano Italiano di Taranto depongono una corona laurigena ai piedi del monumento eretto in onore di Garibaldi che, tra l’altro, proprio il 2 Giugno del 1882 si spegneva nell’isola di Caprera.
Se oggi siamo una Repubblica è proprio perché uomini visionari immaginarono, in un’epoca popolata da Re, Papi e Imperatori un modo differente di essere Stato.
Furono uomini che lottarono e morirono per tradurre in realtà il sogno di una Patria moderna, fondata sui diritti e soprattutto sui doveri e dove ogni cittadino avesse l’onore di partecipare al buon funzionamento della Repubblica.
Oggi invece, nella totale indifferenza di un popolo che ha ancora idee nebulose sul significato di Patria e che debolmente difende la cultura repubblicana, per la quale invece, tanti italiani si sacrificarono, è necessario mantenere una memoria, cercare di custodire i valori e lottare per trasmettere a chi verrà dopo il senso dell’essere repubblicani in Repubblica».