In diverse occasioni il presidente del Consiglio ha ricordato come la sua militanza politica nella destra nazionale fosse spinta dall’indignazione e dal dolore per la morte dei giudici Falcone e Borsellino, uccisi negli attentati di mafia tra il luglio e l’agosto del 1992. Allora Giorgia Meloni aveva 15 anni. Come saprà bene il giudice Falcone era legato all’area laica e socialista e morì come collaboratore del ministro Martelli in un governo Andreotti. Il giudice Borsellino aveva invece simpatie abbastanza note per il Movimento sociale e comunque entrambi erano al Pri molto cari anche se solo con Falcone c’erano state relazioni personali. Vero anche che il Movimento sociale tra il 1992 ed il 1993 rivendicando proprio una continuità morale con i due giudici assassinati, si schierò interamente a sostegno delle inchieste della magistratura, che pure all’epoca aveva iniziato ad occuparsi più di finanziamento pubblico ai partiti che di lotta alla mafia.
In ogni caso, il fatto che il presidente del consiglio abbia sentito il bisogno di rivendicare la sua scelta politica legata al desiderio di difendere due servitori dello Stato democratico, giovanissima nei primi anni ’90, la distingue dai tanti suoi colleghi che entrarono nel Msi altrettanto giovanissimi e solo per simpatie nazifasciste. Se si può mettere in discussione la tipologia della scelta compiuta, il Movimento sociale aveva un passato a dir poco oscuro, non si può non apprezzare la bontà delle motivazioni dell’onorevole Meloni. Per questa ragione c’è da chiedersi se oggi invece il presidente del Consiglio Meloni non si senta in qualche imbarazzo nel registrare una contestazione tanto virulente da parte della sua maggioranza e dei suoi colleghi di governo nei confronti dei giudici. Possibile che siano così tanti comunisti nelle procure, come dice il ministro Salvini? E pure Salvini è entrato più o meno negli anni dell’onorevole Meloni in un partito, quale la Lega nord, i cui parlamentari incitavano proprio i giudici a fare il loro lavoro sventolando dal proprio banco in Aula un cappio, quasi fosse un documento di carta. Possibile che questa magistratura tanto sollecitata ed apprezzata quando il comunismo agonizzava, sia diventata comunista trent’anni dopo, quando il comunismo era morto e sepolto? Secondo il presidente del Consiglio, al ministro Salvini, sarebbe persino inutile porre la domanda, appare credibile una simile impostazione polemica con i magistrati, ovvero, che quelli ce l’hanno con il governo perché sono comunisti, a Roma, a Bologna, a Catania, e chissà dove altro ancora si scopriranno tali. Questo perché, bisogna che il presidente del Consiglio se lo annoti, lo scontro sul decreto sicurezza è solo il prologo in cielo di quello che si preparerà nelle procure italiane. Uno scontro sulla detenzione extraterritoriale dei migranti clandestini che chiedono asilo, farà rimpiangere le inchieste sulle irregolarità del finanziamento pubblico che pure hanno affossato l’arco costituzionale nel secolo scorso. Abbastanza incredibile che al governo non se ne rendano conto nonostante il caso Diciotti, una bazzecola, al confronto..
In attesa di quello che si prepara, la vicenda dell’onorevole Colosimo aggiunge ulteriori perplessità. Qui non si tratta del dovuto garantismo che riguarda il ministro Santanchè o il sottosegretario Delmastro e altri parlamentari più o meno rilevanti implicati in discutibili vicende. Nessuno imputa all’onorevole Colosimo una qualche violazione della legge, va scritto per chiarezza, l’onorevole è assolutamente al di sopra di qualsiasi possibile accusa. Vi è invece una semplice e inequivocabile questione di opportunità. Dal momento che Fratelli d’Italia dispone di tanti eletti competenti da nominare alla commissione Antimafia, in un partito in cui sopravvive la memoria del giudice Borsellino, mica del gerarca Pavolini, perché ritrovarsi proprio con qualcuno con dei parenti sospettati di correlazioni con la mafia? I parenti sono innocenti, benissimo. Intanto il sospetto si diffonde e come si è visto nella storia repubblicana, e non solo in Italia, fa più male di una sentenza.
Verrebbe da chiedersi cosa avrebbe detto il Movimento sociale se la Democrazia cristiana o il Pci avessero nominato alla commissione Antimafia un qualche esponente di partito con uno zio chiacchierato come quello dell’onorevole Colosimo. Non si capisce perché mai il presidente del Consiglio debba ritrovarsi in una situazione tanto esposta e delicata. Si tratta del suo partito e del suo governo. Da una parte rischia uno scontro frontale con le procure che la accompagnerà sino alle dimissioni. Dall’altra di lasciare calare un’ombra persino sulla sua nobile scelta politica della giovinezza. Conviene forse al presidente del Consiglio di ritrovarsi una situazione del genere? Anche nel caso in cui avesse tutte le ragioni, dovrebbe poter disporre di tali e tanti successi del governo da poter vantare, senza riuscire ad uscirne indenne. Compiere un passo indietro, prima d andare a schiantarsi, sarebbe una dimostrazione di buon senso.
Galleria della presidenza del Consiglio dei Ministri
Condivido, eccezion fatta per i Giudici. Dobbiamo ricordarci che gli attuali giudici sono stati ammessi nei periodi dei Governi di Centro-Sinistra e che come tutti gli Italiani ci sono persone capaci, sincere, serie, oneste; come anche ci sono persone incapaci, bugiarde, non serie e disoneste. Questo in percentuale in tutti gli Italiani, non vedo come per i Giudici dovrebbe esserci una scelta obbligata di persone serie ed oneste, aggiungo che ci sono anche Giudici politicizzati. Pertanto siamo in una situazione in cui se ti capita un Giudice serio sei fortunato altrimenti sei fottuto. Questo metodo deve essere modificato. Non possiamo assistere a situazioni che rovinano i cittadini perchè incappati in Giudici politicizzati o disonesti. E sono tanti, troppi.