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Bagatelle per un massacro

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
8 Marzo 2023
in L'editoriale
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Ormai dovrebbe essere chiaro che la guerra in Ucraina riscriverà tutti i manuali militari di questo millennio, dove c’è da credere che in pochi si siano più ricordati di quelli scritti nei precedenti. Fin dall’inizio, il marzo scorso, il mondo aveva assistito a qualcosa di sorprendente sul piano della tattica senza nemmeno accorgersene. Un esercito di 250 mila uomini si era frazionato su almeno sei direzioni di marcia, in una ridicola azione a tenaglia su un territorio vasto quanto la Francia. L’Ucraina anche solo con 40 mila uomini equipaggiati, armati e trincerati avrebbe potuto resistere tranquillamente. Cosa che infatti avvenne in un centro insignificante come Mariupol, il primo campanello di allarme per l’offensiva russa. Ancora non si capisce come fosse possibile che il comando russo, mentre ammucchiava truppe al confine del Donbass da mesi, potesse pensare che l’Ucraina sarebbe rimasta con le mani in mano. Evidentemente i russi confidavano di ripetere il bis della Crimea con i soldati ucraini che, al solo vederli, si arrendevano e magari consegnavano loro il governo di Kyiv dentro un pacco. Non c’è un’altra spiegazione possibile di tanta follia.

Sono stati giorni in cui le immagini satellitari, ma anche i semplici droni, mostravano le colonne di carri russi avanzare in pieno giorno sulle strade consolari dove venivano bersagliati impietosamente ed abbandonati in pochi secondi. La Germania nazista, nell’intera campagna di Francia, ha perso la metà dei carri armati che i russi hanno perso in un solo mese. L’Ucraina è diventata un cimitero di carri russi. Se Rommel avesse visto come i russi muovevano i carri armati, si sarebbe suicidato una seconda volta. Per la verità i russi non hanno mai avuto una grande tradizione militare, i loro eserciti per secoli sono stati comandati da prussiani e francesi, e quando Stalin finalmente scoprì un generale capace, lo fece fucilare, Tukacevkskj. In compenso hanno avuto il più grande psicologo militare della storia, il principe Kutuzov, il quale riteneva che la cosa più importante in una guerra fosse il morale. Senza armi e in numero inferiore, si potevano comunque vincere le battaglie se le truppe fossero state motivate. Per questo Kutuzov non voleva mai affrontare le armate francesi, uscite dalla rivoluzione. Quelli erano uomini liberi, quando lui comandava degli schiavi. Bisognerebbe chiedere a Kutuzov quali possibilità ha l’esercito russo di vincere una guerra con i mercenari e i galeotti che combattono a Bakmuth,

Bakmuth è un obiettivo strategicamente insignificante. Gli Ucraini si ritirano, trincerano una cittadina a qualche miglio di distanza e siamo daccapo. I russi per conquistarla senza ancora riuscirci hanno perso 20 mila uomini, quanto le truppe americane in 20 anni di presenza in Afghanistan. Ma la cosa davvero incredibile è che l’ordine di marcia dei loro carri è rimasto lo stesso dell’anno scorso, ovvero vanno avanti su una strada minata e saltano per aria. Quelli rimasti vengono colpiti dall’artiglieria, perché non dispongono di riprese dall’alto per sapere dove sono piazzate le batterie ucraine. Hanno acquistato dall’Iran i terribili droni kamikaze e non quelli indispensabili per guidarli, mentre gli ucraini dispongono di entrambi. Il capo della Wagner, che per lo meno ha saputo conseguire qualche successo sul campo a costo di decimare la sua unità, quando l’esercito annienta intere brigate senza risultato alcuno, lamenta che Mosca non gli fornisca l’armamento necessario. Morale, la Wagner si è fermata a Bakmuth est con il tono di quelli che non ci pensano proprio a procedere oltre. In pratica stiamo per assistere ad una guerra di trincea, come nel 1914, perché i carri armati i russi è meglio che fingano di non averli ancora inventati. Per l’uso che ci fanno tanto vale attaccare con le pale.

Chi dispone di una qualche esperienza militare, il generale Tricarico, ad esempio, ha fatto una considerazione degli eventi corrispondente a questa esposta, sicuramente con una maggiore competenza. Non si capisce allora come altri osservatori pensino che la guerra si protrarrà per altri 4 anni e magari si concluderà con concessioni territoriali ai russi. Se i russi non cambiano strategia e diciamo che già avrebbero dovuta cambiarla, il fronte è destinato a crollare e sarà tanto se i cosacchi tra un mese non arrivano dritti a Sebastopoli.

Tags: BakhmutTricarico
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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