Che ci sia un problema che viene da lontano si capisce dal fatto che nelle università italiane vennero lentamente fatti sparire i corsi sul fascista Gentile per ritrovarci con quelli sul nazista Heidegger. Non dovevano essere pesate dunque ragioni ideologiche se si era compiuta una tale incredibile sostituzione. Indipendentemente dalla valutazione politica, Heidegger, il suo profeta nelle università italiane fu il cattolico comunista Gianni Vattimo, appariva agli occhi di tutti gli studiosi, più moderno, più suggestivo, più affascinante del vecchio Gentile nonostante Heidegger fosse il filosofo per antonomasia del Terzo Reich. Un merito andrà sempre riconosciuto a Massimo Cacciari, che nonostante la preponderanza di lezioni su Heidegger che si diffondevano negli atenei, seppe strappare comunque Nietzsche a quella influenza sostenendo che in nulla c’era qualcosa di fascista nel pensiero del povero e sventurato Nietzsche, e così Cacciari diede anche un colpo al professor Gyorgy Lukacs ed al suo razionalismo socialista. Fu questo il momento di massima indipendenza nelle università di lettere e filosofia del secolo scorso. Poi ci siamo ritrovati con professoresse che rimpiangono i militanti delle Brigate rosse. Da cui è evidente che qualcosa non ha funzionato perché se gli educatori della società democratica, celebrano i suoi nemici, commemorando persino quelli illetterati, tutta l’Università sarebbe ora venisse rifondata da capo.
Uno potrebbe dire, vabbè questo riguarda per l’appunto la facoltà di Lettere e filosofia, in fondo anche il professor Montanari che chiude l’università di Pisa per il Ramadan appartiene a quella schiatta. Evidentemente si sono fusi i neuroni del cervello a tutti costoro per eccesso di esercizio inutile e improduttivo. Gente che ancora studia Platone. Un conto è infatti una scuola di periferia che chiude per il Ramadan contando la presenza dei suoi studenti di religione islamica, in attesa che si applichi il codice nazionalista religioso richiesto dal governo. Un altro, completamente diverso, una sede universitaria. Purtroppo ad un quadro già abbastanza desolante si è aggiunta la risoluzione dell’Ateneo di Torino e non si tratta nemmeno di presunto o reale antisemitismo, del dolore per il ricordo della persona di Primo Levi e di quanti ebrei frequentarono quella Università. Invece è che proprio le università farebbero bene a tenere i rapporti accademici con qualsiasi paese, magari senza farsene troppo influenzare e soprattutto senza dover scimmiottare le scelte dei governi nazionali. Son quelli che interrompono o continuano le collaborazioni, non le università, questo in generale. Peggio ancora se il collegio senatoriale di una università cedesse alle istanze degli studenti. Tanto varrebbe allora sospendere il collegio senatoriale e rimetterne i poteri alle assemblee dei ragazzi. Il che susciterebbe una qualche ironia nel ritornare al 1968. I soviet di studenti ed operai non esistono più da nessuna parte al mondo, la Cina, all’epoca c’era la rivoluzione culturale di Mao, oggi è un modello di oligarchia consolidata. A ben guardare, sarebbe persino difficile trovare i soviet degli operai, in Italia si potrebbero fare al più quelli dei pensionati. Restano quelli studenteschi. Qualsiasi cavolata pur di non studiare.
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